riflessioni su un incontro con Galimberti

19 maggio 2015 di: Sabrina Corsello

«Perché gli amanti amano trascorrere tanto tempo insieme?» si domanda Platone nel Simposio. La risposta del filosofo greco è che, ben al di là dell’interesse sessuale, gli amanti hanno bisogno di tanto tempo per poter dire cose che altrimenti non riuscirebbero a dire. Quando si ama, infatti, emergono parole nuove, sconosciute persino a chi le pronuncia e in quanto tali, mai espresse prima di quel momento. De Le cose dell’amore ce ne parla Umberto Galimberti, che recentemente abbiamo incontrato a Palermo. Attraverso un’analisi dei punti salienti del pensiero greco, lo scrittore colloca la dimensione propria dell’amore nella follia che, in quanto dimensione propria degli dei, è antecedente alla ragione. Com’è noto, sull’amore sono stati scritti fiumi d’inchiostro, ma per il nostro scrittore è Platone colui che, più di ogni altro, ha saputo coglierne l’essenza.

Per il filosofo greco Amore è ermeneuta, in quanto è il solo capace di riempire quel vuoto immenso che è fra gli uomini e gli dei, essendo il solo in grado di interpretare le parole degli dei per farle intendere agli uomini e, al tempo stesso, di tradurre le parole degli uomini per farle intendere agli dei. Amore è anche epistéme. Lo riconosceva lo stesso Socrate, il filosofo che più di ogni altro sa di non sapere e che della sua dotta ignoranza ha saputo fare il cardine del principio di ogni ricerca filosofica. L’unica cosa di cui ho conoscenza, dirà Socrate, riguarda tà erotikà, cui tuttavia non è attraverso la ragione che è possibile giungere. Egli dichiara di avere appreso delle cose dell’amore grazie ad una donna di nome Diotima. Alla donna infatti e non all’uomo, è dato accedere al grande oceano dell’irrazionale, di cui la ragione non è che una piccola isola.

Diòtima racconta a Socrate della nascita di Eros, in seguito ad un incontro avvenuto ad un banchetto in onore di Afrodite, dove un uomo ricco di nome Poros si unisce a una donna povera di nome Penia, alla quale del pranzo giungono solo briciole. Poros è in cerca di una via d’uscita da se stesso e la trova nell’incontro con la povertà, ossia con quello stato di carenza che farà di lui un desiderante. Amore e desiderio hanno infatti la stessa natura, condividendo entrambi, come loro dato costitutivo, la mancanza. Persino l’intensità stessa dell’amore è misurata dalla mancanza e in questo dato risiede la tragicità della visione greca: noi esseri umani siamo capaci di amare solo se e fino a quando l’altro ci sfugge, ossia non è in nostro possesso. Ecco perché non è affatto vero che in amore bisogna dirsi tutto, ecco perché in amore vince chi fugge.

Ma attenzione, avverte Galimberti, l’incontro con la follia è estremamente pericoloso e pertanto la paura è leggittima. Non a caso ho bisogno che l’altro mi accompagni e che questo non sia un altro qualsiasi, ma l’altro di cui posso fidarmi e al quale posso abbandonarmi completamente; ho bisogno di credere che l’altro non sia soltanto colui che ha saputo farmi incontrare con la mia follia, si ha soprattutto bisogno di credere che l’altro sia, al tempo stesso, colui che da questa follia sarà capace di tirarmi fuori, per ritrovare il nuovo me stesso. Dopo l’amore, infatti, niente è più come prima e coloro che avranno saputo attraversarlo saranno, inevitabilmente, persone nuove.

L’amore, dunque, è maieutico, in quanto segna l’incontro con la parte più vera e autentica di noi stessi, svelandoci la dimensione più potente e creativa. Come la levatrice, l’amante porta sempre alla luce qualcosa di inedito dell’amato e, così facendo, apre e rigenera a una nuova visione del mondo. Non a caso oggi si parla tanto di erotica dell’insegnamento: anche l’incontro con gli insegnanti è, o almeno è auspicabile che sia, un incontro d’amore. Perché l’erotismo non è soltanto una faccenda sessuale, esso è anche la procedura della paideia. A tal fine è necessario che i professori sappiano essere carismatici, perché solo gli insegnanti che “fanno innamorare” e che dunque sanno infondere fiducia nei loro discenti, aprono a nuove visioni del mondo e sono capaci di rigenerare in senso maieutico.

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