Festa delle Scuolemigranti, a Roma

9 giugno 2015 di: Clara Margani

Mamou è venuto alla festa con le insegnanti e con i suoi compagni delle varie classi della scuola d’Italiano della Caritas. C’è un grande palco dove migranti, che provengono da varie parti d’Europa e del mondo e che frequentano le numerose scuole d’Italiano della capitale, si esibiscono come cantanti, musicisti e danzatori. Davanti al palco tavolini e sedie dove è possibile sedersi, mangiare e bere quello che hanno portato le maestre, perché i prezzi degli stand sono proibitivi per lui e per i suoi amici. Ma Mamou è affascinato da quello che accade sul palco, fotografa a tutto spiano le varie esibizioni, si dimentica della Coca Cola e della pizza che ama tanto, ma per fortuna il suo compagno di classe Dambele mette da parte su un piatto qualche cosa per lui.

Una delle sue maestre lo riprende con il telefonino e quando se ne accorge fa un sorriso timido e arrossisce sotto la sua pelle d’ebano, perché è un tipo riservato e scontroso, che non ama mettersi in mostra e far capire che gli piace imparare a scrivere e a leggere in italiano. A parlare si trova meno a suo agio perché teme di essere preso in giro dai compagni, ma sta imparando ad accettare le correzioni dell’insegnante e ha messo in mostra a poco a poco una certa autoironia. Il gruppo è numeroso e compatto, sono quasi tutti ragazzi africani tra i 18 e i 30 anni; le studentesse non sono venute, perché alcuni dei centri che le accolgono non hanno ritenuto che la festa fosse un’occasione per cui pagare loro il biglietto del treno o del pullman. La maggior parte degli studenti infatti vive in centri fuori Roma e fa i salti mortali per seguire le lezioni che cominciano alle 10 del mattino nella sede di Via delle Zoccolette, nel cemtro della città.

Ma dopo aver affrontato estenuanti marce nel deserto e percorsi lunghissimi chiusi in tir senz’aria, essere sopravvissuti alle onde del Mediterraneo e alla ferocia degli scafisti, il percorso dal centro d’accoglienza alla scuola è una piacevole passeggiata se riescono ad evitare i controllori della metro e dell’azienda tranviaria. Ora sul palco si sta esibendo una ragazza cinese che canta splendidamente arie d’opera. Una in particolare prende al cuore per la bellezza della musica e delle parole.  Si tratta dell’aria: ”Lascia ch’io pianga mia cruda sorte” dall’opera Rinaldo di Händel. E mentre gli applausi sottolineano la fine dell’esibizione, Mamou, Dambele, Sekou, Makan, Madhi e gli altri, dimentichi per un po’ della loro “cruda sorte”, si preparano a seguire la finale di Champions League sul grande schermo.

3 commenti su questo articolo:

  1. maria scrive:

    Se tutte le ragazze, le ragazze del mondo
    si dessero la mano, si dessero la mano
    allora ci sarebbe un girotondo
    intorno al mondo, intorno al mondo.

    E se tutti i ragazzi, i ragazzi del mondo
    volessero una volta diventare marinai,
    allora si farebbe un grande ponte
    con tante barche, intorno al mare.

    E se tutta la gente si desse la mano
    se il mondo, veramente, si desse una mano
    allora si farebbe un girotondo
    intorno al mondo, intorno al mondo.

    Se tutte le ragazze, le ragazze del mondo
    si dessero la mano, si dessero la mano
    allora si farebbe un girotondo
    intorno al mondo, intorno al mondo.

    E se tutta la gente si desse la mano
    se il mondo, veramente, si desse una mano
    allora si farebbe un girotondo
    intorno al mondo, intorno al mondo.

  2. Tiziana scrive:

    Anch’io insegno a stranieri extracomunitari e l’articolo di Clara mi ha fatto riflettere sulla loro “cruda sorte” e ai piccoli momenti di felicità che queste persone possono avere frequentando una scuola e imparando a capire e a farsi capire in un paese spesso poco accogliente come il nostro.

  3. Nicoletta scrive:

    Volevo andare alla festa, ma non ci sono riuscita. L’articolo mi ha dato la sensazione di esserci stata anch’io.

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