il progresso pretende le sue vittime

12 giugno 2015 di: Rosanna Pirajno

Ho attraversato poco dopo l’alba la città deserta, l’appuntamento era alle 6,30 a piazza Castelnuovo, cuore della città fuori le mura che prende forma a metà ottocento con l’ambizione di rappresentare modernità e progresso, e ora oggetto di pesanti interventi strutturali di adeguamento.

A partire dal 1865 la città moderna si presenta con luoghi di grande respiro spaziale, nel 1874 si inaugura senza la copertura – sarà pronta per l’Esposizione del 1891-92 – il circo-teatro Politeama «principalmente destinato al trattenimento del popolo» su cui però il suo autore, l’architetto del comune Giuseppe Damiani Ameyda, non ha lesinato materiali e decorazioni adeguate nel convincimento che «è troppo comune un errore che fa credere il bello in architettura causa di aumento della spesa, laddove la forma è indipendente dai prezzi e dalle tariffe».   (in P.Barbera, Giuseppe Damiani Almeyda, Pielle ed. 2008)

La città si fa bella con grandi piazze e giardini disegnati, la sistemazione dell’intera area è «segnata da un sistema di verde che, partendo dal recinto di villa Filippina, comprende piazza S. Francesco di Paola e piazza S. Oliva e si conclude con le villette delle piazze Castelnuovo e R. Settimo». Il giardino di piazza Castelnuovo ha «impianto geometrico, regolare, quadrangolare impostato su assi ortogonali con aiuole simmetriche convergenti verso lo spazio centrale, su cui si erge il palchetto della musica», opera di Salvatore Valenti che nel 1875 lo realizza modificando un, troppo oneroso per le casse comunali, progetto di Antonio Fichera a cui si attribuisce anche il disegno del giardino. (in AA.VV. Guida ai Giardini Pubblici di Palermo, ed. Salvare Palermo 2015).

La storia la racconta così Mario Pintagro: «Nel 1872 il sindaco Domenico Peranni cede alle richieste dell’albergatore Salvatore Ragusa (proprietario dell’Hotel delle Palme) per costruirvi un albergo di lusso. Non così la pensò il consiglio comunale che rigetta la richiesta. Alla fine viene presa in considerazione la proposta di Guglielmo Ingham Whitaker affinché l’area sia destinata per il pubblico godimento, con la creazione di un giardino, aiuole, sedili in marmo ed un teatrino per la musica. Ingham Whitaker vuol dare un colpo al cerchio e uno alla botte: da un lato vuol farsi bello davanti all’amministrazione e la città, dall’altro non vuole oscurata la vista dalla palazzina di sua proprietà nel piano di S. Oliva, un tempo dei marchesi Sambuca. Nel 1875 dell’albergo non si parla più e viene realizzato così il teatrino della musica con l’area verde, dapprima alberata a erythrine, poi sostituite da una cinquantina di palme dattilifere». (in Arborea. La storia di Palermo in cento alberi illustri, 1992)

Nel 2000 il Comune affida il “Progetto di Arredo urbano e illuminazione delle piazze R.Settimo e Castelnuovo” ad un gruppo di progettisti che ridisegna in chiave moderna gli spazi storici, ripavimentati e arredati di aiuole fiorite, panchine in blocchi di marmo e luci incassate a led, senza alterare l’impianto preesistente anzi esaltandolo.

Oggi la piazza storica è interessata dalle uscite in superficie dell’anello ferroviario sotterraneo, è ampiamente recintata dove emergerà una delle due rampe previste, per l’altra si intaccherà il giardino che cinge il palchetto della musica. L’impianto “geometrico, regolare” subirà il taglio di un filare – se va bene – del boschetto di palme che lo adorna, perdendo quindi il suo equilibrio compositivo, ma tutta la piazza, in origine circondata su tre lati da filari di ficus, perderà la sua simmetria ottocentesca per il taglio imprevisto, cominciato ieri e contestato vanamente da uno sparuto gruppo di cittadini, dell’intero filare del lato sinistro. Per inciso, l’eliminazione dei ficus non è neppure contemplata nei rendering postati da mobilitapalermo.org a illustrazione dell’aspetto elettrizzante dell’insieme, a dispetto dei contestatori.  Si inneggia al progresso, che comporta sempre sacrifici e vittime e gli alberi sono le prime vittime sacrificali delle linee tram in ogni città “sedimentata” che voglia ammodernare i trasporti, ma c’è qualcosa che non va nelle modalità degli interventi a grande scala, tra anello ferroviario e tram che, per loro natura, sono destinati a intaccare pesantemente gli assetti urbani in cui si innestano.

C’è il silenzio delle istituzioni e c’è la mancata conoscenza e partecipazione a scelte vitali per la città e i cittadini, tenuti all’oscuro o male informati dei fatti, c’è il ricatto occupazionale e di finanziamenti connessi all’esecuzione del cronoprogramma, c’è la supponenza “vicereale” di voler “lasciare un segno” sugli assetti urbani incisi per il bene collettivo, c’è la scusante di progetti immodificabili poiché ereditati da precedenti viceré, c’è l’aggravante che progetti vecchi di decine di anni non si rivedano alla luce di nuove conquiste tecnologiche e sensibilità ecologiste, c’è la consolazione della “compensazione” quasi che alberi ripiantati chissà dove possano ricompensare la perdita di paesaggi urbani consolidati, c’è la boria ingegneristica non sorretta da altre competenze allargate alla storia al paesaggio all’ecologia alla psicologia dell’ambiente, c’è la corruzione sempre strisciante che inquina le opere pubbliche, c’è rassegnazione che si mescola a rabbia e impotenza quando, a decidere per tutti, sono “delegati” che non ascoltano e non riflettono che, parafrasando Damiani Almeyda, sia un errore ritenere il fare-bene nemico del fare-agire.

A piazza Castelnuovo abbiamo lasciato gli operai armati di sega, ma non ostili alle nostre ragioni, fare il loro “sporco lavoro” di sacrificare alberi ad una idea di progresso che siamo in parecchi a non condividere.

1 commento su questo articolo:

  1. Salvo scrive:

    Bellissimo articolo.
    Ma a cosa ci serve la tecnologia se non si è capaci di salvare il bello che ci è stato lasciato in eredità e lasciare vivere gli alberi che da tanti anni ci danno ombra e benessere?
    Mi domando perché, per il bene collettivo, non si possa studiare un percorso alternativo rispettoso del passato, inserendovi il nuovo.
    Rimango sempre più sconcertato e deluso dalle decisioni prese dai nostri amministratori.

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