insegnanti coraggiose in situazioni di disagio

20 giugno 2015 di: Letizia Vittorelli

Quest’anno la nostra associazione di diffusione scientifica, l’Associazione Natura Vivente, ha realizzato un corso per gli studenti del liceo Ascione, un liceo tecnico-professionale situato a Borgonuovo. In questa occasione abbiamo toccato con mano quanto sia difficile la realtà in cui lavorano gli insegnanti di questa scuola: i loro ragazzi si assentano spesso e mostrano scarso interesse per le attività che vengono loro proposte, vengono in classe con i telefonini e telefonano alla loro ragazza, o si mettono lo smalto sulle unghie mentre l’insegnante parla. Noi siamo rimasti scioccati.

Al contrario i docenti della scuola ci hanno detto che le classi che avevano partecipato al corso erano quelle frequentate dai loro alunni migliori e che, a loro parere, i ragazzi si erano interessati alle cose che avevamo proposto. Tutto è relativo. Noi, più o meno consciamente, paragonavamo i loro allievi a quelli di altri licei o addirittura agli studenti universitari, loro li paragonavano ad altri ragazzi che vivono a Borgonuovo. E’ un ambiente molto differente da quello del centro cittadino. La dirigente scolastica ed i docenti del liceo Ascione fanno i salti mortali per riuscire ad avere un rapporto positivo con i loro allievi e coinvolgerli nelle attività scolastiche. Riuscire ad entrare in sintonia con i ragazzi significa invogliarli a studiare ed a crescere come persone, significa anche rendere meno drammatico il fenomeno dell’abbandono della scuola prima della sua conclusione.

Malgrado la cronica mancanza di fondi e le difficoltà incontrate nella loro sede (furti e danneggiamenti sono all’ordine del giorno), nell’anno scolastico 2014-15 il liceo Ascione ha iniziato due nuovi corsi di scuola secondaria con indirizzo tecnico che si svolgono presso il carcere Pagliarelli. Si tratta di un corso per ottico e di uno per odontotecnico. Voglio sottolineare che nel carcere Pagliarelli vengono inviati quasi esclusivamente i “detenuti problematici”, quelli cioè che sono stati trasferiti da altri carceri per motivi disciplinari o di altro tipo.

Recentemente la professoressa Rosaria Inguanta, Dirigente Scolastica del liceo Ascione, ha invitato due di noi ad intervenire ad una cerimonia che si doveva svolgere presso il carcere Pagliarelli per la chiusura del primo anno scolastico di questi corsi. La visita al carcere dei Pagliarelli è stata inaspettatamente positiva. Il carcere è grandissimo, ha degli spazi esterni ben tenuti (vi lavorano gli stessi detenuti), ed un teatro della capienza di 250 posti nel quale si è svolta la cerimonia. Abbiamo incontrato gli insegnanti che hanno lavorato nel carcere. Molte sono giovani donne. Una di loro ha descritto l’esperienza che avevano vissuto mostrando un grande coinvolgimento. In seguito è stato proiettato un video in cui si illustrava il lavoro degli allievi nei due laboratori, rispettivamente per il corso di ottico e per quello di odontotecnico.

Infine alcuni dei partecipanti ai corsi hanno descritto la loro esperienza. I detenuti che hanno parlato hanno mostrato di aver gradito moltissimo questi corsi e di averne ricavato una crescita personale. Uno di loro ha detto: «non avrei mai pensato che da una cosa brutta ne potesse nascere una positiva»; un altro: «io non sapevo come si fanno gli occhiali, capirlo è stato per me una scoperta». Quando abbiamo visitato i laboratori abbiamo saputo che i mobili erano stati costruiti dai detenuti. Le carceri dovrebbero servire a rieducare, per alcuni detenuti del carcere Pagliarelli questo percorso è iniziato, speriamo che continui. Tenere le persone a non far niente per giornate intere non può essere un modo per recuperare la gente. Farle studiare o farle lavorare si. Il carcere dei Pagliarelli è diretto da una donna: la Dottoressa Carla Vazzana, sembra che ce la stia mettendo tutta. Auguri!

Auguri anche a tutti gli insegnanti che accettano di svolgere il loro lavoro, prezioso ma sottopagato e talvolta sottovalutato, nelle realtà più difficili del nostro paese.

4 commenti su questo articolo:

  1. gemma scrive:

    Sono un’insegnanti anch’io. Grazie per gli auguri. Ne abbiamo bisogno in tutte le realtà storico-geografiche nelle quali siamo invitati a prestare la nostra opera. Non esistono ragazzi buoni o cattivi. Esistono insegnanti seri e motivati che quotidianamente mettono a disposizione degli studenti tempo ed energie per trasmettere valori educativi e sapere. Ricordiamo la frase del premio Nobel Malala Yousafzai: “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.

  2. loredana scrive:

    “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” dice Manzoni di don Abbondio. Non tutti i docenti sono all’altezza delle più disparate situazioni che la società ci offre. Ci sono realtà di frontiera, come quella descritta nell’articolo e allora, se non si è coraggiosi è meglio lasciar perdere altrimenti si fanno danni educativi e si rischia l’esaurimento nervoso

  3. lorenzo scrive:

    A Barbiana c’erano poche anime, qualche ragazzo che trascurava la scuola per aiutare la famiglia nel lavoro di campagna e che, anche se frequentava la scuola pubblica, doveva subire la ovvia ratifica. Per i suoi “figli” don Lorenzo Milani ideò una scuola a tempo pieno, ventiquattro ore su ventiquattro, una scuola dove tutti imparavano e, a loro volta, insegnavano agli altri, una scuola senza valutazione dove si lavorava sui libri per il piacere di conoscere, di imparare, di crearsi degli strumenti per essere uguali, un posto isolato dal resto del mondo ma dove si avvicendavano i visitatori, i curiosi, che diventavano oggetto di interviste da parte dei ragazzi. Dal lavoro di collaborazione nacque il libro “Lettera a una professoressa”. Le idee venivano scritte su dei foglietti, lette, selezionate, sistemate. Chi ascoltava poteva dare suggerimenti per esprimere al meglio le idee ma non si accettavano consigli di prudenza. Don Lorenzo aveva trasmesso ai suoi ragazzi il coraggio di dire tutto quello che sentivano come ingiusto, non vero e soprattutto non degno del cittadino sovrano.

  4. Letizia Vittorelli scrive:

    Cari commentatori, sono d’accordo con tutti voi.

    A Gemma voglio dire che è vero quello che dice e che è giusto che gli insegnanti impegnati sappiano che consideriamo molto importante il loro lavoro.

    A Loredana vorrei dire che certo, il compito di insegnare in realtà difficili è arduo, però la soddisfazione di sapere che è stato fatto qualche cosa che ha aiutato una persona a crescere è molto grande. Tanto maggiore quanto maggiore è la deprivazione di chi riceve questo aiuto. Chi rinuncia, rinuncia anche a questo.

    A Lorenzo vorrei dire che “Lettera ad una Professoressa” ha insegnato molto a tutti noi ed è un esempio di dedizione che chi insegna non può e non deve dimenticare.

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