lasciare la scuola a malincuore

22 giugno 2015 di: Magdalena Marini

Uomini e donne ultrasessantenni, che hanno vissuto, amato, lottato, con molte vittorie e qualche fallimento, con i capelli grigi e tante rughe, con l’artrosi e la voce roca, con gli occhiali ormai compagni inseparabili.  Sono gli insegnanti che vanno in pensione dopo aver svolto un mestiere diverso dagli altri. Giorno per giorno, per tanti anni, alcuni di loro hanno lasciato negli alunni un piccolo seme di conoscenza, di educazione, di saggezza, nella speranza che potesse germogliare anche dopo la scuola. E’ una grande responsabilità fare il mestiere di insegnante ma è anche una fonte di arricchimento. Ogni sera, prima di addormentarsi, il buon insegnante interroga la propria coscienza soprattutto quando ha la consapevolezza di aver avuto come interlocutori piccole persone che si stanno formando, giorno per giorno, e che osservano gli adulti, li imitano, nel bene e nel male.

Quando un buon insegnante va in pensione non ripensa ai compiti in classe, alle correzioni, alle interrogazioni, alle valutazioni, al piano dell’offerta formativa, alle prove Invalsi, ai registri, all’orario, alle circolari da firmare, agli incontri scuola–famiglia, ai consigli di classe, ai collegi docenti, ai corsi di aggiornamento … Rivede le facce, gli occhi, ricorda le voci, le ansie, i tremori, le scuse, le giustificazioni, le storie dei tanti e tanti alunni con cui ha condiviso emozioni e scoperte, la fatica e la ricerca di un percorso per acquisire un metodo di studio e per aiutarli a diventare grandi.

E insieme a quegli alunni ricorda i colleghi, compagni di percorso con cui ha condiviso la sala insegnanti, gli armadietti, le aule, i pareri, le discussioni, i contenuti, i metodi, i programmi, le sperimentazioni, i laboratori, la cultura, il sapere, l’attenzione a tutti e a ciascuno, la passione, l’entusiasmo, le battute, le risate, la voglia e l’impegno di cambiare la scuola e il mondo … Ma durante i quaranta anni del loro servizio tante cose sono cambiate, è cambiata la società e, di conseguenza, anche la scuola è diventata sempre più azienda e gli alunni sempre più clienti capricciosi, ribelli e irrispettosi, stressati e bisognosi di attenzioni sempre più individualizzate. E mentre voci di dissenso si levano alte minacciando il blocco degli scrutini come forma di protesta contro “la buona scuola”, gli insegnanti che hanno fatto buona la scuola e che vanno in pensione sono ormai voci fuori dal coro.

5 commenti su questo articolo:

  1. silvia scrive:

    Bello questo articolo che mi conferma, come alunna, nel bel ricordo di alcuni miei insegnanti del liceo che conservo intatto e con gratitudine, nonostante il trascorrere degli anni. Per tutta la vita ci accompagnano non solo i nomi dei compagni, ma anche quelli dei professori che hanno saputo trasmetterci non solo un “sapere” , ma soprattutto quel qualcosa di più impalpabile, ma tanto più prezioso, che ci ha permesso di diventare individui, donne ed uomini maturi, esseri “pensanti” capaci di porsi sempre nuovi interrogativi perché la conoscenza è sempre in evoluzione e quel processo iniziato sui banchi di scuola in effetti non è mai finito, né mai si interromperà.

  2. Clara scrive:

    Quando sono andata in pensione temevo di avere una grande nostalgia dei miei alunni, ma non è stato così. Ho ritenuto che fosse giusto lasciare il posto ad altre persone più giovani di me e più vicine a loro. Invece mi è mancato il lavoro comune con i miei colleghi, il progettare, il realizzare e il verificare la giustezza o meno delle nostre scelte. Ad ogni modo penso di aver lasciato ad entrambi un buon ricordo di me, come loro l’hanno lasciato a me.

  3. Gabriele scrive:

    Capita quasi a tutti di “passare” per la Scuola.

    La passeggiata è qualcosa di piacevole ma soprattutto di “scelto”: ognuno sceglie SE, QUANDO e COME passeggiare.
    A mio modo di vedere la cosa più grande di questa “Scuola dell’obbligo” deve essere la libertà, libertà di scegliere come partecipare, per quanto tempo e in che modalità.

    Viva le persone che hanno scelto di fare gli insegnanti per vocazione e si sono sentiti liberi di dire “sì”, come, quando e per quanto tempo hanno voluto.

  4. arturo scrive:

    La chiave di lettura di questa argomentazione è sicuramente la nostalgia che nasce dentro un qualsiasi professore il quale, sin dal principio, aveva deciso di esserlo e di farlo nella sua più ampia accezione del termine e , allo stesso tempo, sempre la stessa nostalgia, nel rivivere i momenti ormai passati attraverso i ricordi. Ragion per cui,”ogni sera, prima di addormentarsi” ,c’è la consapevolezza di aver fatto il massimo che si poteva fare, forse anche più, dedicando anima e corpo ad un settore nel quale non si evince più l’empatia e il coinvolgimento emotivo scaturito dal rapporto quotidiano docente-studente. Il problema ha un’unica fonte: la società di oggi, nella quale si è innescata, a mio modesto modo di vedere, una visione distorta della realtà nella quale vengono riprodotti falsi miti che inducono a facili illusioni, sminuendo la cultura, lo studio e, di conseguenza, il ruolo del docente in sé. Il tutto si materializza in una mancanza di rapporto tra le 2 parti, a causa della quale la visione del professore ne esce più danneggiata. La teoria da me proposta, ha provocato sempre più conflitti nonché allontanamento e mancanza di fiducia nel rapporto studente-docente e viceversa: direi a questo punto,sempre a mio modesto modo di vedere, PURTROPPO, non solo per i poveri docenti, MA PURTROPPO PER TUTTI.

  5. Paolo scrive:

    Sempre più spesso gli alunni vedono i professori come delle “macchine” con cui non viene instaurato un rapporto umano. In questo modo si perde parte dell’educazione che la scuola lascia dentro ognuno di noi e del bagaglio culturale che ci porteremo dietro per tutta la vita. Fare l’insegnante significa, più che correggere dei compiti, instaurare un rapporto con gli alunni (e ovviamente anche con i colleghi) in modo da far vivere agli allievi la scuola non come un semplice obbligo, ma come un’esperienza fondamentale per la vita. Grazie a tutti i professori che ogni giorno si impegnano per migliorare ognuno di noi.

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