migranti e naufragi
Aggrappati agli scogli come strani frutti di mare, in un luogo inventato che non è più acqua e non è ancora terra, un limbo precario e scabro per corpi sospesi, metafore viventi delle loro stesse esistenze: corpi superstiti, segnati dalla sopravvivenza, sguardi che rifiutano di abbassarsi e cedere a un ultimo naufragio, davanti alle porte di una fortezza di sabbia che come sabbia è destinata a sgretolarsi.
Le immagini mute dei migranti respinti a Ventimiglia urlano di fonte alla cattiva coscienza degli europei, davanti a volti gonfi di parole, di retoriche tattiche che rivelano il vuoto di una vera strategia, ed ancor più la paura per ciò che si sa inevitabile e tuttavia si vuole negare; quegli europei che si sono rovesciati sul mondo per appropriarsene, e che fino agli ultimi anni non hanno cessato di ingerire, con le armi e col denaro, per perseguire i loro interessi nei paesi più deboli, ora non possono accettare che milioni di persone non vogliano più essere i dannati della terra, e non riescono a impiegare un decimo delle energie mentali e delle risorse materiali che in altri tempi hanno impegnato per guerreggiare e dominare, per accogliere e condividere oggi.
E di questi europei noi italiani facciamo parte, anzi ne siamo un fulgido esempio: perché quale credibilità possiamo avere, davanti ai voltafaccia della Francia e di altri paesi, quando chi governa le nostre regioni più ricche si rifiuta di accogliere i rifugiati, minacciando sanzioni ai sindaci e giungendo così ad uno scontro istituzionale senza precedenti?
E tuttavia, la nostra forza più autentica sa emergere e rivelarsi nell’agire spontaneo e silenzioso dei tanti cittadini che a Roma e a Milano, nei pressi delle stazioni dove si aggrumano i reietti, insieme agli operatori dei servizi pubblici e delle associazioni, fanno quello che possono per prendersi cura, come semplici esseri umani, di altri semplici esseri umani, senza etichette e senza aggettivi.
Di fronte ai loro sguardi, il vero naufragio è quello dell’Europa, e di un’idea di cittadinanza europea, e prima ancora italiana, in cui nonostante tutto non vogliamo smettere di credere.
Agghiacciante sfrenato egoismo. Esseri umani considerati nulla. Questo è il pericolo verso derive disumane in cui nessuno può ritenersi al sicuro.
Ne incontro tanti, tantissimi nei pressi della stazione Tiburtina di Roma: si somigliano, sono vestiti con abiti semplici, pratici, puliti, hanno i capelli tagliati corti, il viso triste, lo sguardo perso nel nulla. Sospesi, in attesa di riprendere il viaggio verso l’Europa che potrebbe garantire loro sopravvivenza e futuro. Possiamo sostenerli con indumenti, alimenti ma non basta………
L’immigrazione rimane una questione che in Europa deve trovare una soluzione politica di reale accoglienza.
Articolo ottimo! Aggrappato a quegli scogli c’è il futuro dell’Europa!
Il naufragio della dignità umana, ecco a cosa siamo costretti ad assistere quotidianamente e a cosa non voglio rassegnarmi!
L’essere umano non è particolarmente buono o cattivo, in maggioranza: è debole, la sua iniziativa è insignificante e il suo desiderio di comprendere nullo: perciò basta una propaganda anche modesta per indirizzarne le convinzioni. Così popoli pacifici possono trasformarsi in carnefici, famiglie di etnia o religione mista cominciare a spararsi addosso, e tantopiù popoli ex migranti possono dimenticare di esserlo stati, e credere che gli uomini disperati che scelgono dolorosamente il rischio un po’ minore siano diversi da loro e meritino la sorte che gli è toccata. Possono essere facilmente indotti a credere che la loro povertà dipende dalla concorrenza di chi è più povero di loro, anziché dal ricco che li sfrutta entrambi.
Ma tutto questo discorso sarebbe superfluo se solo una convinzione minima entrasse nella zucca della gente: e cioè che se tu sei nato qui e non in Eritrea o in Siria, non ne hai merito, hai solo avuto tanto culo.