Obama uno e Obama due

9 giugno 2015 di: simona mafai, 9 giugno

Argomento da trattare con le pinze. Sono consapevole della mia inadeguatezza. Comunque, ci provo…

Quando Obama è stato eletto la prima volta (giugno  2008)  fu festa grande. Primo Presidente afroamericano degli Stari Uniti,  clamoroso segno del definitivo (?) superamento di ogni discriminazione razziale. Il suo discorso all’Università del Cairo (giugno 2009), fu una mano tesa all’Islam religioso e culturale: atto intelligente e coraggioso. La successiva assegnazione (nell’ottobre) del Premio Nobel per la pace  fu   criticata da molti; a me sembrò, forse troppo rapida, ma giustificata. In politica interna, affiancato dalla splendida Michelle, egli compì subito atti socialmente significativi.

La seconda elezione è sembrata però  dare meno sicurezza al suo percorso progressista, anche se la concessione della cittadinanza agli immigrati dal Sud America e la nuova politica verso Cuba, vanno inscritti nella colonna delle azioni positive.

Ma gli atti compiuti negli ultimi tempi sulla scacchiera mondiale,  lasciano  perplessa, se non addirittura sbalorditi. Sembra che gli USA,  registrando l’umiliazione subita dalla loro politica  in  Medio Oriente,  con  l’avanzata inarrestabile dell’Isis, vogliano ora rifarsi il trucco come invincibili  “poliziotti del mondo”. Di qui l’ attacco  fuor di misura (secondo me) alla Russia e al suo  Presidente.  .

Nella ingarbugliata vicenda  ucraina,  dove è veramente difficile stabilire torti e ragioni, l’azione di Obama si dimostra aggressiva e non facilitatrice di pace. Come si è visto nel recente G7 in Baviera, dove Obama ha voluto riconfermare le sanzioni contro la Russia (che si dimostrano piuttosto sanzioni contro alcuni settori produttivi europei),  arrivando  a minacciare l’installazione di missili Nato alla frontiera russa.

E’ legittimo chiedersi dove Obama voglia arrivare, e trascinando con sé  l’Europa.

Sul Corriere della Sera del 9i giugno  (pag. 49)  si legge che il Presidente dell’Ucraina ha “nominato” governatore di Odessa (sì, perché nella nazione ucraina, i governatori di città e regioni sono “nominati” dal Governo centrale e non eletti dai residenti ) tale Mikheil Saakashvilli, già presidente della Georgia, che nel 2008 attaccò l’Ossezia del Sud (con l’appoggio silente degli USA), determinando la reazione armata, e vittoriosa, della Russia.  La storia è troppo lunga per riferirne in questa breve nota. Ma è evidente che la nomina dell’ex-presidente georgiano (che tra l’altro si trova sotto indagine giudiziaria nel proprio paese) a governare una città  prevalentemente russofona, teatro –un anno fa – di una strage contro cittadini del luogo,  non faciliterà certo l’applicazione degli accordi di Minsk, per una pace  stabile tra Ucraina e Russia.

Il tutto avviene davanti al sorriso di Obama. E col suo ovvio consenso.

E’proprio vero che, come diceva un’antica barzelletta russa,  non si può giudicare un uomo politico quando è in vita. Bisogna obbligatoriamente  aspettare che muoia: solo allora si potrà valutare  compiutamente la sua azione.

(I prossimi giorni Putin sarà in Italia e, tra l’altro,  sarà ricevuto in Vaticano. “Meno male che il Papa c’è! “)

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