“Quando si effettua una scelta, si cambia il futuro”
Le cose che non possiamo scegliere nella nostra vita sono poche ma, non del tutto, trascurabili. Non possiamo scegliere, per esempio, in quale zona geografica nascere, a quale famiglia appartenere, quale parte della cartina politica convenga scegliere, perché non possiamo scegliere. Amal è una ragazza nata a Gerico, in Palestina, che non ha scelto di vivere in una città nella quale non si è liberi di poter andare dove si vuole, nella quale bisogna sempre tenere i documenti a portata di mano. I militari israeliani, infatti, (ragazzini di 18 anni, nella maggior parte dei casi, alla luce della legge israeliana che obbliga a 2 anni di servizio di leva dopo la maturità) vogliono sapere chi sei, dove vuoi andare e soprattutto perché ed il perché lo vorrebbero sapere anche i palestinesi, vorrebbero sapere perché, se la Cisgiordania fa parte della Palestina, gli Israeliani dovrebbero controllare i movimenti dei suoi abitanti. Amal a 15 anni decide, però, di partecipare ad un progetto scolastico e di andare in America, nel Missouri, per un anno, ospite di una famiglia. Quando le si chiede cosa ricorda di quel periodo, la prima cosa che racconta è il primo viaggio che fece in macchina con le persone che la ospitavano, racconta che dopo un po’ chiese perché nessuno li stesse fermando per chiedere i documenti, per sapere quale fosse la loro destinazione, è questa la cosa che più le è rimasta impressa ed è la stessa che ripete se le si chiede cosa ricorda del suo primo anno in Italia, è la libertà di movimento, che lei apprezza. Amal torna in Palestina dopo l’esperienza americana, torna al suo liceo che non completa a Gerico (è costretta a trasferirsi a Betlmemme da uno zio a causa dei problemi politici). Una settimana dopo la maturità, un prete francescano propone a lei e ad altri 14 ragazzi meritevoli e promettenti una borsa di studio per Roma, lei decide di accettare e grazie al supporto morale della sua famiglia (il padre ha studiato negli Stati Uniti e sa quanto sia importante un’esperienza all’estero), parte. Conosce solo l’arabo e l’inglese, ma è un medico che vuole diventare. Arriva a Tor Vergata 6 anni fa, inizia a seguire le lezioni che non comprende, studia i primi esami con accanto il dizionario per cercare i termini che non conosce, comincia, piano piano, a stringere amicizia (cosa non molto facile non conoscendo la lingua). Superando tante difficoltà, tenendo duro, con lei di quei 14 ragazzi, sono rimasti nella Capitale solo altri 4, dieci tornarono a casa dopo il primo anno. Amal ha ottenuto la Laurea in Medicina e Chirurgia all’Università di Tor Vergata a Marzo di questo anno e si sta preparando all’esame di abilitazione alla professione medica, valido in Italia ed in Europa, tornerà in Palestina, dove svolgerà altri 12 mesi di tirocinio dopo il quale sosterrà un esame per essere un medico abilitato anche nel suo Paese, dice che non sa se riuscirà a riabituarsi all’inusuale che per i suoi familiari, ormai, è diventato la normalità, ma che glielo deve, che non vuole arrivare a 50 anni con il rimpianto di non averci nemmeno provato.
bellissimo articolo e bellissima storia, che dimostra come il fuoco che spinge i giovani a tentare di realizzare i propri sogni resiste a tutto, come l’amore e la gratitudine che si ha nei confronti dei propri familiari sia più forte della guerra. Complimenti Amal.