un funerale trash nel bel paese che fu
C’è di che rimanere basiti, senza parole, uno stato d’animo che debbo, dobbiamo vincere. Lo sdegno legittimo deve sciogliere le parole che ognuno di noi ha raggelate dentro, per chiederci se veramente sia questo “il bel paese” in cui vogliamo vivere. Come si può rimanere indifferenti se anche la magnifica Roma, sacrario e simbolo della Repubblica nonché della chiesa cattolica, si è lasciata oltraggiare da quella che è ben più di una sfrontata manifestazione di trash culturale, bensì una ostentata esibizione di arroganza mafiosa, un omaggio al defunto e, al contempo, un monito, per la collettività intera, della continuità della gestione del potere mafioso sul territorio. Mai come in questo istante suona sinistro il titolo di MAFIA CAPITALE.
E dunque l’Italia bel paese, ma per chi? Di sicuro per malavitosi e buona parte della classe politica, laddove, in realtà il confine tra le due categorie, lungi dall’essere così netto come dovrebbe, spesso è alquanto labile e costellato da una scia infinita di mazzette e di lacrime e sangue della gente onesta che, mai come in questi tempi, paga ad ambedue le categorie e di ambedue subisce gli affronti.
Una carrozza d’epoca trainata da sei cavalli bardati a lutto con tanto di pennacchi neri, macchine di lusso e persino una cascata di petali di rosa versata da un elicottero che sorvolava la folla dei partecipanti al rito, tra gigantografie inneggianti a Vittorio Casamonica “Re di Roma”, conquistatore dell’Urbe e…. prossimamente del paradiso!
Un celebrante a dir poco distratto, in quella stessa parrocchia che nel 2006 negò i funerali a Piergiorgio Welby, il malato terminale di Sla che per porre fine alle sue sofferenze aveva chiesto ai sanitari di staccare la spina, ma che nel ’90 non ebbe problemi a celebrare il funerale di Renato De Pedis, noto boss della Magliana, accolto poi in sepoltura nella chiesa di S. Apollinare.
C’è da chiedersi a cosa servono, dunque, gli anatemi di papa Francesco contro la malavita se ogni parroco può in tutta indifferenza accogliere e benedire l’aperta ostentazione di una vita dedicata a delinquere, e trascorsa tra il lusso sfrenato, conquistato sulla pelle delle povere vittime di estorsioni, usura e traffico di droga.
Può un prete rivendicare il diritto a non prendere posizione contro tutto ciò senza peccare di ignavia, uno dei peggiori peccati stigmatizzati dal cristianesimo?
Come si può negare i sacramenti a chi sente di non riuscire a sopportare dignitosamente le sue sofferenze, ma ungere dei crismi della sacralità religiosa la sostanziale sfida del crimine alla società e alle istituzioni?
Sono domande che ciascuno si pone senza speranza di avere mai le giuste risposte. Il mio forse è un eccesso di pessimismo, voglio credere che lo sfregio bruci anche alle istituzioni, almeno alla loro parte sana che, seppure esigua, sicuramente ancora esiste.
Non certamente all’intero apparato statale perché, al di là delle rituali levate di scudi di prammatica, è sotto gli occhi di tutti come il Casamonica e tutti i suoi consimili siano impunemente usi ad andare a braccetto con amministratori, politici e pezzi vari degli apparati statali, corrotti e infedeli. Non si potrebbero spiegare altrimenti certe vertiginose ascese dalle stalle alle stelle senza l’ausilio, con relativi scambi di favori, mazzette e impunità, adeguate connivenze e coperture fino ai più alti livelli.
Un copione ben collaudato e ormai tristemente noto a tutti noi, ma che malgrado tutto, perpetuato dalla rete di connessioni e sotto l’ombrello dell’impunità, continua ad andare in scena regolarmente e si estende a macchia d’olio soffocando e depredando il sempre meno bel paese.
C’è da aspettarsi, e mi auguro davvero di sbagliarmi, che dopo il rituale balletto delle “forti prese di posizione” di tutte le autorità, anche questa storia finisca sotto l’ennesimo cumulo di sabbia, quella di un agosto turbolento, e poi spazzata via dalle prime piogge settembrine.
Bell’articolo su un avvenimento che noi romani abbiamo vissuto con profondo turbamento alla vista di quella carrozza nera inquietante che sembrava essere piuttosto uscita dagli inferi più profondi come concretizzazione del male, conferendo al tutto un’aria sinistra se non addirittura…demoniaca. Forse né Fellini né Sorrentino, nei loro film più visionari e fantasmagorici, sarebbero arrivati a tanto! Mi viene da pensare che simili funerali siano un’ostentazione di forza per sfidare ed esorcizzare l’Ultimo giudizio, quasi in modo superstizioso, perché questo forse è l’intimo timore di chi ha creduto su questa terra di fare il buono e cattivo tempo… Vanità di vanità direbbe San Filippo Neri.
Non solo da questo avvenimento noi romani siamo turbati; tutta la città e tutti i suoi abitanti sono stati gettati in questo calderone chiamato “Mafia Capitale” e una lunga serie di attacchi, alcuni secondo me creati ad arte, stanno cercando di oscurare l’immagine della città sia a livello nazionale che internazionale. Per ritornare al funerale show dei Casamonica c’è da dire che l’equazione rom/delinquenti non è valida, perchè le attività malavitose di questa famiglia, non dipendono dal fatto che sono rom ma dal fatto che sono delinquenti; inoltre il responsabile di quella chiesa non ha preteso dai parenti del morto un atteggiamento rispettoso della cerimonia religiosa ed era suo dovere farlo. Quante volte abbiamo visto la gente applaudire all’entrata e all’uscita del feretro da una chiesa senza scandalizzarci, abbiamo assistito a ostentazione del dolore a beneficio delle telecamere e dei giornalisti. Questo funerale è stata da una parte la summa dello “stile rom” e dall’altra della faccia tosta della malavita, del potere corrotto e del lassismo di un certo tipo di clero.