L’ondata migratoria spariglia i giochi
Abbiamo reagito alla ondata migratoria proveniente dall’Africa e dal Medio Oriente con sentimenti opposti: compassione e solidarietà da parte di molti, insofferenza e paura da parte di alcuni. Oggi – di fronte al crescente, inarrestabile flusso di centinaia di migliaia di persone (che giungono a piedi, famiglie intere, bambini in braccio e zaino sulle spalle), restiamo sbalorditi. Accoglienza, certo: una minestra calda, un giocattolo, vestiti e medicine, ma poi? Dove abiteranno, dove lavoreranno, dove formeranno le loro nuove famiglie questi milioni di migranti?
Possiamo gridare contro le insufficienze dell’Europa, le sue incapacità di previsione, la protervia ed egoismo di alcuni governi; possiamo individuare – come fanno i più sapienti – responsabilità e colpe dell’Europa nei secoli passati; ma dopo avere trovato i colpevoli (e magari esserci caricati di un confuso senso di colpa) ci restano un mucchio di riflessioni da fare e decisioni da prendere.
In Europa abbiamo sistemi di garanzie civili, economiche e politiche costruiti attraverso secoli di elaborazioni intellettuali e lotte popolari. Ci sono certamente difetti , ingiustizie e disuguaglianze che in molti vogliamo cambiare. Ma per vivere in Europa milioni di persone, partendo da oscuri “altrove”, ritengono valga la pena di rischiare la vita. E chiedono all’Europa di aiutarli a realizzare il loro sogno, come fosse un diritto incondizionato.
Noi, che in Europa ci siamo (spesso criticandola o addirittura disprezzandola) dovremmo valutare con più equilibrio e realismo i livelli di civiltà raggiunti, e gli sforzi fatti e che si faranno per fronteggiare l’ immenso spostamento di popolazioni che stiamo vivendo. Dobbiamo, ovviamente, difendere le nostre conquiste, ma essere pronti a condividerle con gli altri, forse anche con qualche sacrificio. Certo, i tempi del “+ 1 sempre”, sono finiti.
Un nuovo protagonista si è affacciato al tavolo della storia, e sta sparigliando i nostri giochi. Molti giudizi, definizioni ed obiettivi, andrebbero probabilmente riesaminati. Perché non siamo di fronte a una emergenza umanitaria (drammatica ma provvisoria) , bensì di fronte ad un fenomeno più grandioso, stabile e coinvolgente: il progressivo innesto nelle nostre società di popolazioni nuove. Il che modificherà, in piccola o grande parte e con esiti imprevisti, modalità di vita e sviluppo del nostro continente.