album italiano, viaggio in Sicilia dopo Goethe

1 ottobre 2015 di: Anna Trapani

«Si scorge Monte Gallo e diventa visibile Monte Pellegrino, la più bella di tutte le montagne». Questa nota citazione dal “Viaggio in Italia” di Goethe è ripresa e fatta propria da Fanny Lewald nel suo “Album italiano” del 1847 edito da La Vita Felice di Milano, cura e traduzione della germanista Rita Calabrese che con perizia e bello stile mette in evidenza i non pochi meriti di questo resoconto di un viaggio, compresa la sottile ironia che pervade lo scritto.

La tedesca Lewald si pone nel lungo filone della letteratura di viaggio in modo deciso, perché ne fa un documento di emancipazione femminile e personale. Non sarà questo il suo unico viaggio in Italia, altri ne seguiranno, ma questo rimane quello della scoperta, la scoperta cioè di una nazione non ancora diventata Stato che la travolge e la incanta per le differenze culturali, artistiche, sociali e ambientali rispetto alla sua Germania. Visita Palermo dopo avere toccato le maggiori città italiane da Milano a Genova, da Firenze a Roma dove si concederà una lunga sosta per meglio capirne l’anima nascosta, fino a Napoli e poi Palermo.

Nel tornare verso casa si fermerà a Bologna e Venezia. La bellezza della città non le sfugge, cita infatti il magnifico Duomo e lo sfarzo barocco del carro di Santa Rosalia durante il Festino, ma la decadenza del luogo palpabile ovunque la sopraffà. Leggiamo le sue parole: «La città dà la cupa sensazione di decaduta magnificenza, non come Roma l’impressione di grandezza tramontata….La decadenza di Palermo fa invece l’impressione di una sventura, di una disgrazia. L’umanità in movimento, in abiti di cotonina, che va in giro a trattare e lavorare, sta sotto quella stessa stella e cerca qui e là di dipingere la facciata per crogiolarsi ancora nell’antica grandezza. Pronipoti straccioni di un re, sui cui cenci ancora si scorgono galloni dorati scoloriti. Ciò risulta fastidioso e sgradevole». Non si attaglia pienamente anche alla Palermo dei nostri giorni? Si rivelò traumatica la visita alle Catacombe dei Cappuccini dopo una prima impressione quasi comica. La vista di quei teschi con la bocca spalancata e i denti in evidenza, gli scheletri rinsecchiti dentro panni ormai consunti dal tempo la traumatizzarono alquanto, tanto da «….lasciare la sala perché con il calar del giorno le ombre si facevano sempre più fitte e la vista si faceva per me sempre più spaventosa…..»

La viaggiatrice nel raccontare non dimentica mai di dare un suo giudizio artistico su quanto ammira e lo fa pure in occasione di pareri assolutamente personali, non omologati alla critica d’arte consueta e affermata. Ciò vale, ad esempio, per il Davide di Michelangelo a Firenze (allora davanti a Palazzo Vecchio si trovava ancora l’originale) e il Giudizio Universale alla Cappella Sistina a Roma. Trova che quel Davide così muscoloso sia più somigliante a Ercole e del Giudizio Universale dice che alla sua bellezza deve credere senza sentirla. «Pitture e sculture di Michelangelo sono, con poche eccezioni, come il Mosè e il meraviglioso busto del Salvatore in Sant’Agnese Fuori le Mura troppo possenti per la capacità di percezione della mia anima». Il parere sempre seguito da una elaborazione personale del concetto artistico ne fanno una osservatrice attenta e senza preconcetti. Tutto passa al vaglio della sua mente analitica e diviene perno di argomentazioni forti e di una istanza didattica presente in “Album italiano”. Tanto ci sarebbe ancora da dire ma chiudiamo alla sua maniera: «AufWiedersehen!»

1 commento su questo articolo:

  1. Caterina scrive:

    Un buon libro tradotto bene con un’ottima recensione questo è il mio giudizio a tutto tondo!

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