qualche dato per riflettere
L’Unione Europea è nel panico. I rifugiati registrati sul suo suolo sono già 120.000 e 500.000 si ammassano alle sue frontiere. Discussioni, accuse reciproche, quasi minatori, dividono I vari Paesi membri. Si parla di quote, di controlli e, in Ungheria, di repressione poliziesca e pena di prigione.
Alcuni Paesi innalzano muri, sovrastati da fili spinati di triste memoria. L’Europa sovvenziona in parte quest barriere, secondo quanto previsto dal trattato di Schengen, che abolisce le frontiere interne all’Unione, ma impone il rafforzamento di quelle esterne.
I rifugiati registrati dal governo in Turchia sono attualmente 1.805.255; in Libano, 1.172.733; in Irak, 249.726; in Egitto, 132.375; in Giordania, 619.128. L’altro Commissariato per I Rifugiati dell’Onu ha comunicato ufficialmente che il 29% dei rifugiati africani vive, o sopravvive, nei campi installati sul territorio africano.
Un ultimo dato, senza comment: dopo la guerra d’Ungheria, nel 1956, 200.00 ungheresi in fuga furono accolti a braccia aperte in Europa ed ottennero immediatament lo statuto di rifugiati.
Quello dell’integrazione dei rifugiati è un processo bidirezionale dinamico e
articolato, che richiede l’impegno di tutte le parti interessate, compresa la preparazione
da parte dei rifugiati ad adattarsi alla società che li accoglie senza dover
necessariamente rinunciare alla propria identità culturale, nonché la corrispondente
prontezza da parte delle comunità e delle istituzioni pubbliche del paese d’asilo ad
accogliere favorevolmente i rifugiati e a soddisfare le necessità di una popolazione
differenziata. Il processo di integrazione è complesso e graduale, presenta dimensioni
economiche, sociali e culturali distinte ma interconnesse, tutte importanti ai fini della
possibilità dei rifugiati di integrarsi con successo come membri pienamente inclusi nella
società