Svetlana premio Nobel, narra il suo popolo
Saggista e giornalista nata in Ucraina e cresciuta in Bielorussia, in esilio volontario a Parigi dal 2000, Svetlana Aleksievic dedica il premio Nobel 2015 per la letteratura alla Bielorussia “schiacciata dalla storia”, e non risparmia uno “schiaffo” verbale al presidente russo. Nei suoi libri narra il dramma collettivo del crollo dell’Unione Sovietica e del suo mito imperialista, restituendone con fedeltà la vita, lo scenario e il contesto. Dà voce direttamente ai protagonisti, quasi scomparendo dietro le virgolette di centinaia d’interviste e conversazioni che lei ascolta, annota, riporta.
La scrittrice ha vinto per la «sua opera polifonica, tributo al coraggio e al dolore dei nostri tempi», iniziata con il primo libro che la rese nota, nel 1983 “La guerra non ha un volto di donna”: una raccolta delle voci di centinaia di donne russe che avevano partecipato alla Seconda guerra mondiale. Un racconto al tempo stesso epico e intimo della disillusione di un popolo che si confronta con la ricostruzione della propria identità. Fra le sue opere anche “Ragazzi di zinco”, in cui testimonianze di giovani, adulti e anziani si moltiplicano per raccontare la guerra in Afghanistan; e “Preghiera per Chernobyl“ in cui parla della Chernobyl che conosciamo meno. Interessata non all’avvenimento in sé, bensì alle impressioni, ai sentimenti delle persone che hanno toccato con mano l’ignoto.
Dalla sua scrittura emerge l’esigenza di scavare dentro i lati più oscuri della storia del suo Paese, denunciando i danni che le guerre hanno lasciato sul campo e nella psicologia delle persone. Le sue opere lasciano un segno e colpiscono perché hanno la capacità di mettere in discussione le ideologie, ma forse vanno lette con qualche riserva. L’assegnazione del premio, infatti, non è stata indenne da alcune insinuazioni legittime come quella che i Nobel vengano dati più per ragioni politiche che per meriti acquisiti sul campo. Numerose voci sostengono che la Svezia, seppur militarmente neutrale, in questi ultimi anni abbia preso parte per l’Occidente assegnando i premi ai dissidenti di governi non allineati. Così come appare discutibile il volere equiparare la Russia di Putin all’URSSL. Alla scrittrice va comunque il merito di una scrittura che non si ferma agli eventi ma analizza le emozioni. I fatti storici che tratta nei suoi libri, come ad esempio il disastro di Chernobyl o la guerra sovietica in Afghanistan, sono pretesti per esplorare l’individualità del singolo attraverso migliaia di interviste condotte soprattutto su donne e bambini e riportate in racconti capaci di fonderle e portarle al lettore.