forse oggi ho sciolto il nodo
Da quando mi sono imbattuta nel verbo “integrare” ho avuto chiaro che l’azione che ogni soggetto debba compiere per realizzare il verbo integrare, sia “aggiungere ciò che manca”. Ciò dimostra come ogni soggetto non sia “completo” nelle relazioni, ma che per migliorare se stesso debba attingere a ciò che di valido possiede l’altra persona.
Poi, qualche giorno fa, mi sono imbattuta nel verbo “corrompere”. Scherzosamente affermai: «non mi faccio corrompere il tono dell’umore dal cattivo tempo». Siamo noi che consentiamo di farci corrompere. Sempre. Siamo noi che compiamo l’azione. Sempre.
Oggi, all’alba, dopo la mattinata di ieri trascorsa a “rompermi la testa” per svelare il “primo fine” ed il “secondo fine” di ogni azione umana, all’alba associo due verbi: “integrare” e “corrompere”.
Forse ho individuato il nodo?
L’immigrato, oltre a mantenere i legami con la propria cultura di provenienza, necessari per mantenere l’integrità psichica, purtroppo tende a considerare l’integrazione come una fonte di corruzione e di tradimento. Non vuole farsi corrompere dalla cultura in cui si va ad inserire. Teme per la propria integrità morale, quindi anche psichica. Ma “aggiungere ciò che manca”, ossia aggiungere ciò che di meglio possa esserci in una cultura, al fine di migliorare se stessi, è farsi corrompere? È tradire?
E gli immigrati, perché non rendono visibile ciò che di valido appartiene alla loro cultura? Non possiedono valori etici? Non posso crederci. Non sono disponibile ad aggiungere le “morali” ma i valori etici, sì, perché sono universali e non parziali, non soggetti alle mode dei tempi e ai “secondi fini”, ossia alla difesa di quegli interessi personali che impediscono il raggiungimento del “primo fine”: migliorare se stessi.
Brava Ornella capisco dal tuo modo di scrivere anzi di porti davanti la vita che tu sei psicanalista,psicologa o assisistente sociale e perché no anche sociologa? Dimmi se ho indovinato.Grazie
Buon pomeriggio Stefano. Sono da poco uscita dalla mia “miniera”, dal “sottosuolo” del pensiero. Faccio la sociologa di un centro salute mentale di periferia. Anche la malattia mentale è la periferia del pensiero.
Aro, da 23 anni, il campo della Promozione della Salute e della prevenzione primaria. “Mi prendo cura”, altri colleghi curano, io no. L’obiettivo generale è quello di “tentare” di fare chiarezza, di ridurre la confusione nel pensiero “sano”.
Il mio lavoro è splendido, non riesco ad invecchiare. Ogni giorno aggiungo e tolgo ciò che si supera da sé, dal contributo delle nuove esperienze.
Sono in continuo movimento. Mi lascio guidare dal mio spirito inquieto e non provo assolutamente a cercare di cambiarmi;-)
Grazie per la tua attenzione e la tua cura, che si è presa cura di me, rafforzandomi.
Non saremo forse anche noi a sentirci superiori alla cultura degli immigrati, che preferiscono nasconderla o abiurarla per
paura delle nostre reazioni?
Buon pomeriggio Rita: hai messo il “dito nella piaga”. Il verbo “integrare”, nell’accezione del mio glorioso Palazzi del 1939, presuppone la modestia, qualità veramente rara, e non la superiorità di un cultura o di una persona, sull’altra. È un concetto democratico, non autoritario: non esiste un “superiore” o un “inferiore” ma una cultura che si incontra con un’altra cultura, su un piano di reciprocità e di apertura per “aggiungere”.
Scritta così è un’utopia, ma cos’è l’utopia se non una “bussola” per esplorare nuovi mondi? Nuove possibilità? Nuove opportunità? Come rispondevo a Stefano, dovremmo perseguire l’obiettivo di migliorarci ogni giorno, aggiungendo cultura e culture e togliendo preconcetti e pregiudizi. Solo la conoscenza dell’altra persona e dell’altra cultura può consentirlo: se mi chiudo, so per certo che perderò, convinta di essere riuscita a proteggermi dallo straniero, dall’estraneità.
C’è una vecchia, ma non vecchissima, canzone di Francesco Guccini: “Cristoforo Colombo” che splendidamente dipinge
il desiderio di raggiungere un “orizzonte che non c’è”.
Grazie per il tuo commento, che come puoi verificare, mi ha consentito di aprire a te la mia mente estranea e straniera.
Integrare: inserire in un ambiente di diversa mentalità e abitudini
Corrompere: alterare, guastare, rendere depravato.
I musulmani e gli ebrei non rappresentano figure divine o umane
I cristiani rappresentano da sempre, artisticamente, la storia sacra.
Difficile la convivenza se non si parte dal presupposto dell’arricchimento reciproco, se non si è
rispettosi gli uni delle convinzioni degli altri, della storia degli altri, della libertà degli altri.
Tutti respiriamo la stessa aria, quel miscuglio gassoso che costituisce l’atmosfera.
Negli ultimi anni è notevolmente aumentato l’inquinamento. A ciascuno di noi una risposta responsabile.
Buona sera Gemma, sono per metà romana e per metà naturalizzata siciliana. Trenta anni a Roma e trenta anni in Sicilia.
D’accordissimo con ciò che hai scritto.
Sai qual’e stato il primo proverbio siciliano che ha colpito la mia immaginazione?
“U rispettu è musurato, chi lu porta, l’avi purtato”. Splendida sintesi della cultura secolare siciliana.
Lo stesso proverbio è stato “corrotto” da alcuni siciliani che ne hanno alterato il senso in loro favore e a sfavore dell’altro, più indifeso.
Le dominazioni sono state molte: mi chiedo chi possa avere alterato tanta saggezza.
Buona domenica Gemma e buona domenica a tutti
Ops… Quale è…
“E’ grave essere diversi?”
“E’ grave sforzarsi di essere uguali: provoca nevrosi, psicosi, paranoie. E’ grave voler essere tutti uguali perché questo significa forzare la Natura, significa andare contro le leggi di Dio che in tutti i boschi e le foreste del mondo non ha creato una sola foglia identica all’altra.” Paulo Coelho
Se le tre grandi religioni monoteistiche credono in un Unico Dio, dovrebbero riconoscersi fratelli (a volte anche molto diversi tra loro come tutti i fratelli di questo mondo) nel rispetto dell’unica famiglia umana a cui apparteniamo, piuttosto che scannarsi tra di loro senza riconoscere nell’altro nient’altro che un’altra immagine riflessa di se stesso.
Buongiorno Silvia, c’è, secondo me, una parola che tutti usano inconsapevolmente e incolpevolmente e, usata in un certa maniera, allunga le distanze tra gli esseri umani, invece che ravvicinarle.
La parola è “diversità”.
Poi c’è un altro “nodo”, sempre secondo me: la confusione tra essere uguali in quanto esseri umani e essere differenti in quanto portatori di DNA differenti e di culture differenti.
Purtroppo, non ho avuto ancora modo di leggere Coelho (mi rammarico ma devo sempre operare delle scelte per il poco tempo che ho…) e ho sempre pensato che nessuno è mai uguale ad un altro, anche tra gemelli monozigoti ci sono le differenze, figuriamoci tra fratelli, cugini, ecc. ecc.
C’è stato un movimento di pensiero che invece spingere in avanti ha spinto indietro: hanno confuso gli uguali diritti con l’essere tutti uguali. Ma si può?
Inoltre, nel 2004, durante la preparazione di un corso a favore delle “Pari opportunità” a favore di alcuni insegnanti di scuola media (Caccamo) mi imbattei nella parola “diversità” e questa è la mia sintesi: la diversità riguarda la struttura. Un uomo e una donna, sono strutturalmente diversi (diversità di genere e non differenza di genere). Tutto ciò che non è diverso è differente (qualità): la cultura è una differenza, la religione è una differenza, il colore della pelle è una differenza, amare una persona dello stesso sesso è una differenza all’interno delle stesso genere e non una diversità.
In questo modo ho modificato la connotazione negativa legata alla parola “diversità”, per ricondurla su un piano di realtà.
Ho osato molto. Ne sono consapevole
La mia è un tesi, non certo un Credo o una Fede. Aspetto le antitesi.
Buona domenica amica e a presto.