Repetita juvant?

8 gennaio 2016 di: Simona Mafai, 8 gennaio

Gli avvenimenti degli ultimi giorni (settimane, mesi) ci lasciano senza fiato.

Però, prima di misurarci su nuove analisi, interrogativi e proposte – urgenti e urgentissime, ci piace rileggere – e far rileggere  (chi vorrà!) quanto scrivevamo in questo spazio quattro mesi fa…

L’ondata migratoria spariglia i giochi

(24 settembre 2015)

Abbiamo reagito alla ondata migratoria proveniente dall’Africa e dal Medio Oriente  con sentimenti opposti: compassione e solidarietà da parte di molti, insofferenza e paura da parte di alcuni. Oggi – di fronte al crescente, inarrestabile flusso di centinaia di migliaia di persone (che giungono a piedi,  famiglie intere, bambini in braccio e zaino sulle spalle), restiamo sbalorditi. Accoglienza, certo: una minestra calda, un giocattolo, vestiti e medicine, ma poi? Dove abiteranno, dove lavoreranno, dove formeranno le loro nuove famiglie questi milioni di migranti?

Possiamo gridare contro le insufficienze dell’Europa, le sue incapacità di previsione, la protervia ed egoismo di alcuni governi; possiamo individuare – come fanno i più sapienti  – responsabilità e colpe dell’Europa nei secoli passati; ma dopo avere trovato i colpevoli (e magari esserci caricati di un confuso senso di colpa) ci restano un mucchio di riflessioni da fare e decisioni da prendere.

In Europa abbiamo sistemi di garanzie civili, economiche e politiche costruiti attraverso secoli di elaborazioni intellettuali e lotte popolari. Ci sono certamente difetti , ingiustizie e disuguaglianze che in molti vogliamo cambiare. Ma per vivere in Europa milioni di persone, partendo da oscuri  “altrove”,   ritengono valga la pena di rischiare la vita. E chiedono all’Europa di aiutarli a realizzare il loro sogno, come fosse un diritto incondizionato.

Noi, che  in Europa ci siamo (spesso criticandola o addirittura disprezzandola) dovremmo valutare con più equilibrio e realismo i livelli di civiltà raggiunti, e gli sforzi fatti e che si faranno per fronteggiare l’ immenso spostamento di popolazioni che stiamo vivendo. Dobbiamo, ovviamente, difendere le nostre conquiste, ma essere pronti a  condividerle  con gli altri, forse anche con qualche sacrificio. Certo, i tempi del “+ 1 sempre”, sono finiti.

Un nuovo protagonista si è affacciato al tavolo della storia, e sta sparigliando i nostri giochi. Molti giudizi, definizioni ed obiettivi, andrebbero probabilmente riesaminati. Perché non siamo di fronte a una emergenza umanitaria (drammatica ma provvisoria) , bensì di fronte ad un fenomeno più grandioso, stabile e coinvolgente: il progressivo innesto nelle nostre società di popolazioni nuove. Il che  modificherà, in piccola o  grande parte e con esiti imprevisti, modalità di vita e sviluppo del nostro continente.

2 commenti su questo articolo:

  1. Elena Mocciaro scrive:

    Il suo articolo è conclusivo ed è perfetto ! Tutti dovremmo tenere in mente l’ultima frase che inquadra perfettamente cosa potrebbe accadere di positivo se noi fossimo pronti ad una giusta accoglienza.

  2. Elisa Larosa scrive:

    Forse Elena Mocciaro ha ragione la conclusione del suo articolo vale tutto l’articolo ma secondo me è questo che i popoli temono dai tedeschi agli italiani nessuno vuole conoscere gli stranieri nessuno lo ritiene un fenomeno positivo.

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement