tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.., ca un si spirtusa!

28 gennaio 2016 di: Federica Aluzzo

Belli i proclami, avvincenti le intenzioni, gli slogan dei grandi politici del mondo che fanno progetti da oggi al 2020 sui temi dell’ambiente del nostro pianeta, dello sviluppo sostenibile, dell’energie alternative accompagnati anche dall’Enciclica Laudato Sì di Papa Francesco. A parole sembrano tutti orientati verso un unico obiettivo: la salvaguardia del pianeta Terra, il rispetto dell’ambiente, uno sguardo alle generazioni future, ma tutto questo sembra andare profondamente in contrasto con le scelte politiche portate avanti in questi giorni in Italia, che sembrano rispondere allo sviluppo non tanto dell’ambiente quanto della finanza e delle lobby petrolifere.

A pochi giorni dalla fine del COP21 di Parigi, infatti, il governo per tutta risposta ha autorizzato trivellazioni in maniera indiscriminata così come previsto dall’art.38 dello Sblocca Italia, nuove esplorazioni nel mare delle Tremiti, ri-perimetrizzata l’area di ricerca a Pantelleria e sospese le trivellazioni entro le 12 miglia, senza vietarle, come avevano invece richiesto molte regioni italiane. Anche a livello regionale la situazione è complessa: da un lato Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise portano avanti la loro azione contro le trivellazioni, dall’altro alcune regioni si dimostrano a favore delle stesse, come la Sicilia che ha da poco autorizzato nuove estrazioni a Gela nonostante le false promesse di riconversione dell’Eni, e nello stesso tempo l’Ars ha bocciato la proposta di referendum contro le trivellazioni stesse.

Un panorama scoraggiante, visti i danni che le trivellazioni provocano all’ambiente marino e non solo (i bombardamenti sotterranei farebbero diventare sordi i cetacei con conseguente spiaggiamento, provocherebbero migrazioni di numerose specie e quindi un danno nella biodiversità del sistema marino); all’economia, visto che pesca, turismo, e anche agricoltura ne risentirebbero con una riduzione del pescato nelle aree interessate, stimata dal 50 al 70%, e danni anche all’agricoltura in quanto l’estrazione di petrolio e gas modifica le condizioni metereologiche innalzando la temperatura; e alla salute dei cittadini: basta guardare agli effetti delle raffinerie di petrolio a Gela dove ci sono stati tanti casi di bambini malformati, tumori e inquinamento diffuso; tutto per avere in cambio cosa?

Posti di lavoro che nel tempo si sono bruciati, posti di lavoro che, senza la devastazione provocata dalla raffineria, si sarebbero potuti creare attraverso politiche di sviluppo vero e duraturo. La popolazione sta aumentando, la terra sta implodendo. Se non si decide di cambiare le politiche di sviluppo le risorse si esauriranno e utilizzare forme di energia alternative non sarà più una scelta ma un obbligo; ma saremo in tempo? Si guardano gli interessi dell’oggi e non del domani, ignorando che il domani dipende dall’oggi. Ma la mobilitazione del 9 gennaio a Licata, organizzata dal Comitato No Triv a cui ho partecipato come Consigliera Comunale insieme a varie associazioni come Legambiente, No Muos, WWF, M5S, Cobas, MOV139 e qualche movimento autonomista e liberi cittadini, è la spia che il cambiamento di coscienza da parte del popolo già esiste ed è in risonanza con sempre più persone.

Anche il Presidente dell’Anci Sicilia Leoluca Orlando si è distinto dall’atteggiamento della Regione siciliana, esprimendo sostegno alle associazioni e ai Comuni che lottano contro le trivellazioni in mare e in terra. La battaglia no-triv, che ha visto l’Anci Sicilia in prima linea, raccoglie sempre più adesioni nel tentativo di bloccare uno scempio annunciato che rischia di danneggiare in maniera irreversibile lo sviluppo sostenibile della nostra isola. Non a caso a Licata erano presenti movimenti autonomisti: anche il tema trivellazioni infatti riporta alla questione che vede la Sicilia come territorio da depredare e saccheggiare, a uso e consumo delle imprese del nord e internazionali, che qui lasciano distruzione sotto forma di inquinamento e discariche di rifiuti tossici ma che portano altrove i loro guadagni. Le tasse e imposte delle imprese che lavorano in Sicilia dovrebbero rimanere in Sicilia e non andare allo Stato, ma non è così perché oggi vengono pagate là dove vi è la sede legale delle imprese e non là dove si matura la ricchezza sulla quale quelle imposte sono conteggiate.

Secondo una stima non smentita, si tratta di 10 miliardi di euro all’anno per le sole imposte sulla raffinazione del petrolio che, secondo l’art. 37 dello Statuto siciliano, dovrebbero rimanere in Sicilia e invece vanno a Roma. Visione, coerenza, rispetto dell’ambiente e dei cittadini, mi sembra il minimo che si possa chiedere ad un governo nazionale e siciliano in particolare. Ma sembra che dinanzi a certe logiche materialistiche ogni buon proposito passi in secondo piano. Solo raggiungendo una massa critica di persone che risuonano all’unisono possiamo sperare in un cambiamento. E i siciliani si sono sempre contraddistinti per grinta e orgoglio. E’ arrivato il momento di urlarlo al mondo perché tra il dire ed il fare c’è di di mezzo … l’Amore per nostro Mare.. che un si spirtusa!

9 commenti su questo articolo:

  1. loredana scrive:

    Brava Federica; bell’articolo che da un quadro della situazione.. tra poco rischiamo di non poter mangiare più il pesce del nostro mare e magari lo importeremo dal Giappone. e poi questo petrolio quale fabbisogno soddisfa? sembrerebbe che coprirebbe solo il fabbisogno di un anno per l’Italia. e poi? quindi distruzione anche inutile. se non che per i petrolieri. Siamo alla frutta!

  2. rolyalu scrive:

    Bisogna davvero fade qualcosa, Federica, complimenti per la chiara visione del pericolo e dell’articolo, organizza un evento e andiamo a protestare dove ritieni utile. Il sono pronto.

  3. Nicola Pescia scrive:

    Bisogna adottare sistemi capillari di protesta, dateci il via noi no ne possiamo più….!

  4. Sandra scrive:

    L’articolo è buono, lo legge un’amico lo fai leggere ad un’altro lo approvano, ne parlano poi in giro, ma tutto resta uguale.

  5. Gabriele Lai scrive:

    Ho partecipato ad una protesta che era folta di gente, arrabbiata come umore, nessun risultato ogni trivella che va verso il cuore della terra a me sembra che buchi una parte di noi, ma fallo capire a questi che ci governano sia di destra sia di sinistra.

  6. Gabriele ha ragione ogni trivellazione in mare aperto o in terra io penso che è l’inizio della nostra fine, ho una paura reale e forte, penso che un giorno la terra si ribellerà, magari per ore ed ore, mentre dal mare si alzeranno onde di petrolio.W7

  7. BIAGIO scrive:

    Sono con Te Federica in questa battaglia!

  8. SABRINA scrive:

    Ottimo articolo Federica! Speriamo che serva a sensibilizzare sull’argomento, che riguarda tutti, nessuno escluso.

  9. leontine regine scrive:

    La scelta di questo governo con lo Sblocca Italia di Renzi porta indietro l’italia di almeno cinquant’anni rincorrendo una politica che si ostina a vedere nei carburanti fossili un futuro energetico. Oltre le campagne di protesta e proposta alternativa attuate localmente sosteniamo anche le campagne di Greenpeace : Trivadivisor e Solarnia . Insistiamo senza scoraggiarci, più siamo e più otteniamo. Io ci credo.

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