donne che ballano sul palcoscenico
Non sono ballerine, Maria Paiato e Arianna Scommegna, ma due attrici di punta della scena italiana, che interpretano rispettivamente un’anziana signora di scarsi mezzi finanziari e una giovane insegnante che arrotonda le sue magre finanze facendo le pulizie e un po’ di assistenza all’altra.
Il testo che interpretano si intitola “Due donne che ballano”, è stato scritto da Josep Maria Benet i Jornet ed è in questo periodo in tournée nei teatri italiani. Si tratta di due donne che hanno sofferto e che continuano a soffrire, e che tali sofferenze esprimono nei loro caratteri bruschi e schivi, tanto che i loro incontri sono caratterizzati da aspri scontri e infantili bisticci, proprio perché si percepiscono simili e non riescono ad ammettere di aver bisogno l’una dell’altra. Il loro ballare è paragonabile a quello di una nave su un mare in tempesta senza cavalieri che le accompagnino, perché le hanno tradite, ridicolizzate, torturate e tormentate.
La pista è rappresentata dallo spartano soggiorno della casa della più anziana con un tavolo, due sedie e un libreria in cui sono presenti i fumetti che questa ha collezionato lungo tutta la sua vita, visto che da piccola non aveva i soldi per acquistarli. Ne manca uno solo, introvabile, ma la più giovane lo cerca, lo trova e lo regala all’anziana e questa spende i suoi risparmi per comprare all’altra un viaggio a Venezia, che entrambe non hanno mai visto. A poco a poco l’una per l’altra diventano l’unica presenza confortante, però tutto questo non basta a colmare la loro disperazione, ma almeno le aiuta a progettare e realizzare non più da sole il loro addio alla vita.
Josep Maria Benet i Jornet, nato nel 1940 e considerato uno dei massimi autori del teatro spagnolo contemporaneo e il padre del teatro catalano, narra una piccola storia come tante ne accadono nei grandi condomini di qualsiasi città, ci fa entrare in uno dei tanti microcosmi di una società, in cui le persone difficili e scomode sono emarginate e costrette ad affrontare in solitudine “la pista da ballo del proprio destino”; Maria Paiato e Arianna Scommegna con la regia di Veronica Cruciani danno vita e poi morte a queste due esistenze femminili, soffocate dal disprezzo e dall’indifferenza che le circondano e quando scompaiono nell’altra stanza della casa per addormentarsi definitivamente, ci lasciano con la dolce e amara certezza che almeno non soffriranno più.
La solitudine causata da scarsi mezzi finanziari. La solitudine causata dalla sofferenza. La solitudine colmata con una collezione di fumetti di cui uno introvabile e infine ricevuto in dono. La solitudine momentaneamente dimenticata con il dono di un viaggio da sempre sognato. Nulla è di conforto alla solitudine se nella vita non hai imparato a prenderti cura di te, a badare a te stesso. Solo un disperato addio alla vita non in solitudine, paradossalmente, pone fine a tanta amarezza.
Due donne che hanno trovato un modo estremo e definitivo per porre fine al loro ballo, e lo hanno deciso e compiuto insieme.
L’articolo descrive con umanità e acume quello che il lavoro teatrale ha voluto esprimere: solitudini e disperazioni talmente profonde che neppure una amicizia, seppur strana, ha potuto sanare
Deve essere molto bello ma anche molto triste. Mi ricorda molto mia zia che faceva questa vita così, con le amiche. Negli ultimi tre anni della sua vita era sola e triste. Con le amiche, con la badante e con noi nipoti,quando la andavamo a trovare, ritrovava il suo spirito allegro. Purtroppo se ne è andata in solitudine.
Il teatro ci da, a volte, la possibilità di aprire una finestra, uno squarcio su condizioni di esistenza che, nell’individualismo sempre più radicato nella nostra attuale realtà sociale, non vediamo o non vogliamo vedere. Si balla in coppia o da soli ma sempre dentro una pista, un contesto e con delle regole. Se il ballo non è più condivisione, non è più esperienza comune di piacere, non basta più nemmeno la consolazione di un ricordo ritrovato?
Non ho visto lo spettacolo ma l’esperienza e la sensibilità di Clara e la bravura conosciuta delle interpreti, bastano per confermare che il teatro sa,spesso, riempire quei vuoti di consapevolezza la cui mancanza ci rende lontani gli uni dagli altri.
Una storia semplice, quotidiana, densa di significati e di vissuto, raccontata con parole “facili”e accattivanti, tanto da farmi
crucciare per non averla vista rappresentata in teatro, come avrebbe meritato!
Brava Clara Margani che è riuscita, comunque, anche se per poco, a illudermi di esssere stata lì, in prima fila ad applaudire.