donne in carriera nei clan mafiosi

24 febbraio 2016 di: Rita Annaloro

Non è la prima volta che la mafia precorre lo Stato nella progettazione sociale: l’abolizione di dazi e frontiere l’hanno sicuramente attuata prima e meglio di qualsiasi altra organizzazione europea o internazionale, così come la libera circolazione di armi e sostanze stupefacenti da contrapporre ad altri rimedi pseudo curativi. Loro il male dell’opposizione lo curano alla radice, e si sa. Anche nello sfruttamento delle energie rinnovabili pare abbiano avuto la vista lunga, se è vero che la costruzione di pale eoliche e pannelli fotovoltaici è stata bloccata per impedire la loro intromissione nel settore. E anche per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro sembrano essere dei precursori, se alcune donne hanno preso le redini del clan Laudani, sgominato il 10 febbraio dalle forze dell’ordine.

E non è la prima volta che si è verificata questa ascesa sociale della donna nel profondo Sud, visto che già nel 2013 un giornalista dell’Espresso ne contava 133 in carcere, tutte con ruoli direttivi.

Siamo ben lontani dalle figure vittoriane predilette dalla fiction; nella mafia, struttura basata più di ogni altra sulla concorrenza e il libero mercato, alcune donne hanno saputo imporsi grazie alle loro capacità e non sono state inferiori agli uomini né in efferatezza né in autorevolezza. Certo anche lo stato civile può vantare figure femminili di spicco nel mondo dell’imprenditoria, come Emma Marcegaglia o Donatella Versace, solo per fare qualche esempio, e da qualche anno le quote rosa garantiscono che anche in Parlamento si sentano voci di donna, ma a volte sembrano cinguettii o miagolii, nonostante l’aspetto felino di qualche donna in carriera come l’onorevole Santanchè o la ministra Lorenzini; spesso, dietro le parole di Enza Fornero o Debora Serracchiani abbiamo intuito un pensiero maschile forte che ne condizionava le azioni, come in qualche caso forse avviene con le mafiose; sicuramente, però, loro combattono guerre ad armi pari, perché il loro è un mondo senza grazie, che premia solo i più forti. E loro sono state riconosciute le più forti.

Dovremmo forse diventare più spietate anche con gli uomini per bene, per fare emergere il nostro talento?

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