il Caso Spotlight e le candidature all’Oscar
A dispetto delle sei candidature ai Premi Oscar come miglior film, miglior regia, miglior attore e attrice non protagonisti, miglior sceneggiatura originale e miglior montaggio, Il Caso Spotlight, secondo me, è un film senza infamia e senza lode. La pellicola di Tom McCarthy non risulta memorabile, la storia, basata su fatti realmente accaduti, porta sullo schermo lo scandalo venuto alla luce per merito dei temerari giornalisti della squadra “Spotlight” del Boston Globe sull’arcivescovo Bernard Francis Law, accusato di aver insabbiato numerosissimi casi di pedofilia all’interno dell’istituzione religiosa.
La tematica scelta, benché piuttosto spinosa e delicata, viene rappresentata senza pietismi superflui e in maniera estremamente lucida e lineare, caratteristiche riflesse alla perfezione da una regia pulita ed elegante con fluidi movimenti di macchina e un alternarsi di momenti che conferiscono un certo ritmo ad una narrazione che risulterebbe altrimenti troppo statica. Ma da un film che ambisce al premio come “miglior montaggio” e non solo, forse ci si poteva aspettare di più. E non mi riferisco soltanto all’aspetto tecnico – un film tratto da una storia vera raramente può andare incontro a sperimentazioni visive azzardate – ma anche e soprattutto, alla narrazione, quasi totalmente priva di emotività, empatia e picchi emozionali degni di nota.
La storia si svolge infatti tra ricerche e sconcertanti scoperte che però non hanno nessun riscontro nell’interpretazione degli attori che rimane, a mio avviso, poco coinvolgente (fatta eccenzione per Michael Keaton, Stanley Tucci e solo a tratti Mark Ruffalo). La psicologia dei personaggi è inoltre poco approfondita e questo impedisce la necessaria immedesimazione del pubblico e la possibilità di ricevere un qualche scossone emotivo, a dispetto di un argomento che, nel mondo reale, colpisce al cuore l’opinione pubblica di tutto il mondo. Nessun momento da ricordare, solo un insieme di informazioni, nozioni, avvocati senza scrupolo e qualche testimonianza rappresentata in modo troppo debole e sbrigativa, affinché possa provocare nello spettatore reazioni di commozione, rabbia o sdegno. Tutto resta solo accennato in un susseguirsi di scene che conducono ad una risoluzione finale, che salva in extremis il pubblico dalla noia certa.
Mi fa pensare a “Tutti gli uomini del presidente”, complicata indagine sullo scandalo watergate resa ancora più difficoltosa dall’omertà che circondava l’argomento fino alle inevitabili dimissioni di Nixon. Anche in questo caso si parla di scandalo, omertà, insabbiamento, silenzio colpevole. Argomento spinoso che, al di là della resa cinematografica, rappresenta un’eco fedele dell’interesse provocato dal delicatissimo coinvolgimento di minori nelle perversioni di adulti malati.
Questa analisi del film mi sembra ottima forse perche e’uguale a quello che penso io.RM
Gentile Veronica e. adesso cosa dira degli oscar?
Ho appreso stamane la notizia che il film in questione ha vinto la statuetta come miglior film non senza una certa perplessità. Perché nonostante si tratti di una pellicola che ha incontrato il favore della critica e dell’Accademy la mia opinione non è cambiata.
Il mio resta comunque un parere personale.
Grazie dei commenti!