il punto di vista di Nino Galloni

29 febbraio 2016 di: Federica ALUZZO

Qual è il futuro che attende l’Europa, in vista anche dei cambiamenti geopolitici nell’area del Mediterraneo? Catastrofe del capitalismo o rivincita del lavoro? Questi ed altri temi sono stati trattati durante l’incontro che ho organizzato il 12 febbraio con l’economista Nino Galloni, autore del libro L’economia imperfetta (Ed. Novecento), presso Palazzo Cefalà, moderato insieme all’editore Ottavio Navarra. Sono intervenuti l’assessore alla Partecipazione ed immigrazione Giusto Catania ed Adam Darawsha, presidente della Consulta della Culture.

Tutti i relatori concordano sull’idea che l’Unione Europea ha tradito le aspettative in quanto, come affermato dall’assessore, presenta un deficit in democrazia, mancando un confronto reale col popolo europeo che in realtà è un insieme di popoli; inoltre vi è un deficit nella politica in quanto l’Ue è nata su ragioni di natura economica, non su un’unica visione politica sebbene si trovi nel Mediterraneo, che nella storia è stato un elemento unificante dei popoli e delle culture europee. Il futuro dell’Europa è possibile se si riesce a mantenere un equilibrio dei popoli nelle diversità, ed in questo svolgono un ruolo importante i flussi migratori che debbono però essere accompagnati da scelte politiche, economiche e sociali precise.

Oggi invece diversi governi europei stanno rivedendo e sospendendo gli accordi di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e degli stranieri con visto degli Stati membri. In questo, Palermo è avanti con il documento voluto dal sindaco Orlando che propone l’abolizione del permesso di soggiorno. Ci vuole il sostegno necessario, mentre la clandestinità diventa un mezzo per avere lavoro a basso costo, alimentando il mercato nero. Questo ed altro ha ripreso il prof. Galloni, raccontando parte della storia che ha portato all’Unione Europea, con aneddoti di vita personale molto toccanti. Sino ad arrivare agli anni 90 in cui Khol e Mitterand fecero l’accordo che evitava alla Francia di svalutare la moneta e permetteva alla Germania l’unificazione,  prevedendo che questa rinunciasse al marco per una moneta unica e che in cambio la Francia ne accettasse la riunificazione. Un progetto preciso quindi, nato su logiche di mercato, basate sulle esportazioni, che ha comportato perdita di forza e competitività dell’Italia e forte crisi nei paesi del Sud Europa, basti pensare alla Grecia.

Comunque oggi occorre pensare ad un modello economico diverso, e visto che il modello della decrescita, seppur buono negli obiettivi, non è sostenibile perché la popolazione è destinata ad aumentare e quindi non ci può essere un calo demografico più forte del calo produttivo, il prof. Galloni propone due modelli: 1) il ritorno alle politiche Keynesiane espansive (molti portavoce in passato sono scomparsi per morti accidentali) con un modello simile a quello che sta adottando adesso la Cina ed i paesi emergenti, che favoriscono la crescita della domanda interna piuttosto che le esportazioni; 2) un modello non capitalistico, che metta al centro la qualità della vita e lo sviluppo di talenti, arte, cultura, tecnologie innovative, l’ambiente, la piena occupazione e non il risparmio e l’accumulo del denaro.

In tal senso l’esportazione ci sarà solo se ci sarà eccedenza di produzione e avverrà secondo il prezzo internazionale, assicurando la competitività. Si riporterebbe al centro la persona umana, con la sua dignità, perché il lavoro non ha solo una funzione economica, ma anche sociale, di integrazione e di possibilità di sviluppo delle potenzialità e dei talenti individuali, in una parola di benessere sociale. Molti sono stati gli interventi del pubblico, anche di chi vede la moneta complementare come possibilità di uscita dalla gabbia dell’euro così come proposto da alcune forze politiche di sinistra a livello europeo.

Se il sogno europeo si è tradotto solo in politiche di austerità e rigore, invece che di solidarietà, forse è meglio fare un passo indietro, recuperare la sovranità monetaria e politica degli Stati membri, non dare spazio all’oligarchia che oggi detiene il potere, per tentare di ridisegnare tutti insieme il modello di Europa che vogliamo e che è molto lontana dall’Europa dei tagli, del risanamento del debito nazionale quando quello mondiale è ben 55 volte il Pil, dei mercati e delle lobby della grande finanza quando la gente muore di fame o si suicida per i debiti e le imprese chiudono. Non c’è più tempo da perdere, l’unica possibilità di cambiamento può derivare dalla presa di coscienza delle popolazioni. Se hanno tradito un sogno, il sogno va riconquistato. Insieme, si può.

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