un ballo in maschera da editori di giornali
Un ballo in maschera, quello dei gruppi editoriali che in Italia fanno il bello e il cattivo tempo e che con un paio e passa di testate a fama piena, e satellitari aggiunti ma di chiare collocazioni, sarebbero la nostra beneamata fonte di informazione. Che …nel ballo perde il più spesso la sua anima buona: la notizia, il suo senso, il suo valore.
Quante testate autonome e distinte una dall’altra possiamo contare oggi, e quali veri e famelici padroni muovono la mascherata?
Non addentriamoci nel gioco tra gli Agnelli, che si defilano dal Corriere della sera a poco più di sei mesi dall’acquisizione della maggioranza relativa del famoso Economist (e adesso, quasi come Sergio Marchionne possiamo, ma noi senza alcun apprezzamento, afferrarne il motivo) e gli danno una bella botta a 150 anni di calendario, e il gruppo Espresso, che a gratis si apre a un nuovo percorso con Stampa e Repubblica in fraterno abbraccio e si attesta da solo al 20% sul mercato.
Non ci serve sapere i come e i perché di lobby di carta stampata e tv considerando quanto siamo abituati alla governance economica e editoriale di Berlusconi, e a quanto potrà di ghiotto avvenire a breve per Della Valle, Mediobanca, Unipol, senza dimenticare il via via più crescente Cairo editore.
Perché noi lettori siamo, leggiamo se ci va, cerchiamo qualche verità che ci serve tra quel che decidono di dirci, ascoltiamo sempre più delusi il suono delle campane del governo e della sua attuale opposizione. Per noi francamente nulla muterà di tanto. Omologhi sono ormai senza scampo e senza necessità di concentrazioni editoriali tanti giornali, da una parte e dall’altra (posto che davvero una parte e il suo opposto restino a lungo e restino effettivamente tali) e di Repubblica o di Libero, possiamo tranquillamente indovinare i titoli di prima pagina prima di vederli allineati sul teleschermo sotto la matita che ce li sottolinea la mattina dopo.
Quanti giornali in Italia, malgrado la crisi e grazie alla pubblicità! Fortuna è che la frase “libertà di stampa” ormai non la pronuncia nessuno. E “velina” neppure. Non possiamo dirlo certo di una testata degna e di inattaccabile identità e storia come “Il manifesto”, o come il plausibilmente gettonato “il fatto quotidiano”. Se non ha padroni e continua a mostrare buone intenzioni, i suoi lettori si tassano. E diventerebbero il miglior gruppo editoriale possibile. Il meno ricco, il più innocente. A patto che la dissidenza e la libertà di esercitarla non divenissero professionismo della dissidenza. E infatti Marco Travaglio, una parola pro Renzi e la politica estera l’ha detta. E dunque se il tiro per una cosa o l’altra non sempre è secco e micidiale, quel giornale il suo posto se lo trova.