rileggendo Miriam Mafai

12 aprile 2016 di: Anna Trapani

Non ho conosciuto Miriam Mafai. E me ne dispiaccio. Dalla lettura di una pubblicazione breve ma densa di significati come questo Rileggendo Miriam Mafai, curato dalla sorella Simona e da Beatrice Agnello, emerge una figura di donna, politica e giornalista a tutto tondo, dove la poliedrica personalità di Miriam vien fuori con potenza e vigore. Il libro si compone di vari interventi, ognuno scritto da chi l’ha conosciuta come giornalista, politica, compagna di partito e di lotta, donna impegnata sul fronte della emancipazione e libertà femminile. E’ poi corredato opportunamente da un ricordo della sorella Simona, da brevi lettere scritte ai familiari, foto che la ritraggono in varie età e una intervista di Beatrice Agnello a Sara Scalia, figlia di Miriam.

Primo tra tutti spicca l’intervento di Salvatore Nicosia, che efficacemente mette da subito l’accento su due principi cardine della vita di Miriam donna, politica e giornalista: il concetto e la pratica della laicità intesa «come pratica di libertà e di indipendenza da aprioristiche nozioni etiche, religiose, ideologiche» e l’idea di uguaglianza «da lei declinata soprattutto nel settore che più ne evidenziava la carenza, quello della condizione femminile: battaglie come quella per il divorzio, l’aborto, il diritto di famiglia, l’abolizione dell’articolo 587 del codice penale (delitto d’onore) costituirono tappe fondamentali verso l’uguaglianza».

Riguardo all’intervento di Giovanna Fiume mi preme mettere in risalto ciò che pensava Miriam del femminismo. Riconosce senza alcun dubbio i cambiamenti epocali che ha prodotto nel costume e nella legislazione, ma si pone come voce critica all’interno del partito giacché non si lascia egemonizzare, come altre compagne, dal pensiero della differenza che porterebbe a «sessuare le istituzioni, … far vivere nella società e in politica il valore della differenza sessuale», come scrive in Diario italiano 1976-2006. Trai suoi scritti il più conosciuto è forse Pane nero. Donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale. Ma MIriam scriveva da sempre: basti pensare che all’età di 13 anni scrive al padre di aver iniziato «un nuovo romanzo».

E’ quindi la logica conclusione di un lungo percorso: l’arrivo al giornalismo. Della Miriam giornalista ci parla il suo collega Franco NIcastro ricordandoci che è stata redattrice di Vie nuove e L’Unità, che ha diretto Noi donne, che è stata inviata di Paese sera e che ha scritto anche per Rinascita. Fino all’approdo a La Repubblica, di cui è stata una delle cofondatrici.

Spero che queste poche parole siano sufficienti per invogliare a leggere i suoi scritti; soprattutto dovrebbero farlo i giovani che non hanno avuto l’opportunità di leggere i suoi articoli. Mi piace chiudere con questa frase che si trova in una lettera inviata alla sorella Simona il 3 gennaio 2012 quando MIriam ha 85 anni ed è il suo ultimo messaggio: «La storia ti dice chi ha vinto e chi ha perso, non ti dice chi aveva ragione…». Grazie MIriam.

Commenta questo articolo:







*
AdvertisementAdvertisementAdvertisementAdvertisement