senza grosse pretese
Si è parlato, recentemente, di “letteratura carina”, una tendenza che esorbita dalla sfera letteraria, configurandosi come vera e propria aria del tempo, un concetto valido anche per la tanta “musica carina” che sentiamo in giro, né alta né bassa, né colta né popolare, ma appunto “carina”. E in questa categoria inserirei il teatro, le rappresentazioni di laboratori nati da esperienze singole di creatività al pari della moda della “scrittura creativa” in cui si esercitano magistrati e attori con l’intenzione di «nutrire o curare l’anima». Diversi laboratori teatrali di Palermo, quest’anno, hanno messo in scena dei lavori interessanti, portando sul palco persone di tutte le età che nella vita fanno tutt’altro, ma che hanno trovato in queste esperienze forti motivazioni emozionali vissute con entusiasmo.
Dopo una rappresentazione sul femminicidio, Rosalia Billeci, per esempio, ha messo in scena “Sono come tu mi vuoi …” un lavoro sull’identità, apparente e immaginaria, che ha sarà replicata l’11 maggio al teatro dell’ex chiesa San Mattia dei Crociferi.
Sul palco uomini e donne che come marionette, nella vita, si dibattono fra ciò che di loro appare agli altri e la vera personalità, piegata dalle circostanze della vita e dall’immagine riflessa dagli altri. Un tema affrontato in maniera originale e con il contributo di tutti i partecipanti che spesso hanno proprio scritto i brani da recitare e creato le coreografie. Un richiamo shakespeariano, elaborato con toni più lievi, e con un finale, che invita comunque alla positività e alla fiducia collettiva di riuscire sempre a prendere coscienza e ritrovare se stessi a costo di modificare il mondo che ci circonda.
Patrizia D’Antona ha portato di recente in scena le allieve del suo laboratorio con i “Monologhi della vagina” rappresentando con arguzia e ironia un universo che gira attorno al mondo femminile e alle sue capacità attrattive.
Quando si scrive, si recita, si fa musica è possibile dimenticare il cosiddetto “messaggio” capace di consolare o di migliorare l’umanità, per ritrovare in esperienze individuali o di gruppo (come i laboratori teatrali) una dimensione artistica capace di prendersi cura dell’anima e al contempo interessare la gente coinvolgendola carinamente, senza grosse pretese.