la dimensione dell’individualismo
“L’uomo ad una dimensione” o l’uomo ad una direzione?
Esperienza vuole che sia ad una direzione. La direzione verso l’individualismo, il personalismo che nulla hanno a che vedere con il più civile protagonismo. E dove lo posizioniamo l’egoismo?
Sto scoprendo che l’individualismo nasconde il più bieco abuso. Abusare della pazienza, abusare della disponibilità, abusare dell’educazione, abusare della generosità, abusare della incapacità di difendersi, abusare della propria posizione, abusare dell’amore altrui…
La difficoltà è riconoscere chi abusa, soprattutto se fa parte della cerchia degli affetti. Spesso siamo noi che lo celiamo ai nostri occhi perché veder chiaro, discernere, comporta una presa d’atto e un cambiamento di direzione faticoso. L’individualista esiste perché esiste chi si fa usare ed anche abusare. È sempre per amore o anche per quieto vivere?
E come si può disarmare un individualista? Sappiamo bene che ha molte armi a propria disposizione. La prima siamo noi. È il nostro consenso. La nostra attenzione. La nostra devozione. È solo grazie a noi che può vivere la sua esistenza egoista, miserabile, garantita, che tutto prende e nulla restituisce se non il disappunto per non essere più al centro della nostra attenzione.
Ci sono, per me, tre tipologie di solitudine: scelta, subìta, costruita. Meglio scegliere di disfarsi, senza ripensamenti, della persona individualista, che costruisce la propria solitudine e la nostra, togliendoci anche la speranza e lasciandosi profondamente soli. Lamentandosi.
L’individualista non ama i cambiamenti. È statico e non riconosce l’altro. L’altro è estraneo e quindi non prova nessun sentimento e non comprende neanche perché dovrebbe provarlo. L’altro è “cosa”. Noi siamo “cosa”. La risposta non è l’indifferenza. Riprendiamoci il presente ed il futuro. Immancabilmente. Fra poco inizierò la lettura de “La solitudine del cittadino globale” di Zygmunt Bauman.
Cosa troverò?
non so cosa dice Baumann sulla solitudine del cittadino globale, ma fa piacere che dopo trenta anni di esaltazione culturale dell’individualismo qualcuno accenda qualche riflettore sul lato B.
La globalizzazione ha permesso l’affermarsi di un’etica individualistica e competitiva, premiando chi appare piuttosto che chi vale realmente, sostenendo chi si impone con l’immagine rispetto a chi non compare ma non per questo è peggiore.
Si salva qualcuno che attraverso forme di impegno sociale e politico riesce ad essere parte di un mondo che cerca di mantenersi solidale e di agire nella legalità