Benigni e maligni da “La Stampa” del 04.06.16
Montanelli morì martire della sinistra antiberlusconiana che lo aveva considerato un borghese reazionario per tutta la vita. Al contrario la Fallaci è diventata un’icona della destra e della cristianità sotto attacco, dopo essere stata considerata per decenni una comunista mangiapreti. Dev’essere un destino dei toscani, perché oggi tocca a Benigni passare nel breve volgere di un’intervista da genio comico che prendeva in braccio Berlinguer e in giro Berlusconi a Johnny Lecchino, approfittatore e voltagabbana, cantore non più di Dante ma di Renzi e addirittura di Verdini. Tutto perché ha detto che a ottobre voterà sì al referendum sulle riforme costituzionali. Come se un premio Oscar avesse bisogno di baciare le natiche al potere del momento per ottenere uno strapuntino di visibilità. Hanno persino cercato maldestramente di prenderlo in castagna sulla Costituzione, fingendo di ignorare che la sua esaltazione televisiva della Carta si riferiva ai principi fondamentali e non al ruolo del Senato.
Benigni ha dato voce a un pensiero assai diffuso a sinistra: questa riforma non sarà un granché, ma dopo quarant’anni di dibattiti sterili anche il poco è meglio del nulla. Opinione discutibile, però legittima. E invece per il comitato di liberazione da Renzi chiunque la pensi in modo diverso dev’essere per forza un traditore e un venduto. La visione della politica come lotta tra clan, che gli antirenziani attribuiscono al premier, appartiene anche a loro. In Italia c’è sempre un tiranno da abbattere o da osannare, una squadra da applaudire o da fischiare. E nemmeno Benigni può concedersi il lusso di avere un’idea in contrasto con la maglia che indossa.