le vite dei neri contano, come tutte
C’è un filo, neanche tanto sottile, che unisce le strade americane a quelle di Fermo, la provincia marchigiana dove il nigeriano Emmanuel Chidi Namdi ha trovato la morte per mano di Andrea Mancini, il 39enne di destra con numerosi precedenti penali e tre Daspo, accusato di omicidio preterintenzionale aggravato dall’odio razziale. Un filo che si dipana nella scritta “Black lives Matter” apparsa sul luogo dell’omicidio per mano di un anonimo, che ha usato il gessetto per dire sul muro “Le vite dei neri contano”. Così si chiama il movimento americano contro il razzismo e le violenze della polizia sui neri che ha, in questi giorni, organizzato manifestazioni e proteste in seguito all’uccisione di tre afroamericani. Un bilancio di sangue che si è aggravato per mano di un killer, anch’egli afroamericano, ex militare in Afganistan, che ha aperto il fuoco contro la polizia. Dallas, Detroit, San Francisco, Denver, nei teatri delle proteste di piazza seguite alle tragedie non c’è più spazio per la politica ragionata del dialogo perché la stanchezza ha preso il sopravvento. A Fermo, tutto il dolore del mondo e le lacrime di Chiniery, vedova di Emmanuel, non bastano a rimediare i torti della politica. È giunto il momento, per l’Italia, di chiedersi chi e perché fomenti l’odio. È giunto il momento di chiedersi se Andrea Mancini sia un episodio isolato o se qualcuno soffi sulla cenere della crisi e dell’instabilità, per creare nemici che non ci sono e sfruttare le paure a fini elettorali. Le vite dei neri contano. Le vite dei neri devono contare, a Fermo come a Dallas e in ogni parte di questo pianeta dove sono ancora le diseguaglianze a dettare gerarchie e a stabilire ricchezze e povertà. Le vite dei neri contano perché contano le vite di tutti gli esseri umani.