Non facciamo l’errore di rinunciare alle vacanze dal “Corriere della Sera”del 23.07.16
…Non esiste un nemico organizzato, né una strategia, anche le farneticazioni dell’Isis vogliono farcelo credere. Esiste una schizofrenia identitaria che esplode in molte forme. Gli inneschi, purtroppo, non mancano. Ossessioni islamiste, prima di tutto (la sala da concerti e i caffè di Parigi, l’aeroporto e la metropolitana di Bruxelles); ma anche demenza suprematista (Tommy Mair, l’assassino di Jo Cox), depressione e frustrazione (Mohamed Bouhlel a Nizza), mania di persecuzione (Ali Sonbly a Monaco di Baviera, forse ispirato da Anders Behring Breivik, autore del massacro a Oslo e sulla vicina isola di Utoya, cinque anni fa).
Le tragedie recenti hanno toccato più l’Europa centro-settentrionale dell’Europa meridionale. Potrebbe non essere un caso: forse un maggior ordine sociale aumenta la pressione su alcune personalità disturbate, riducendo le valvole di sfogo quotidiane. Una supposizione, cui sarebbe sbagliato collegare decisioni di viaggio o programmi di vacanza. Prevedere se, dove e come si scatenerà la prossima paranoia omicida è come cercare d’immaginare dove cadrà un meteorite: magari proprio sul rifugio dove abbiamo cercato riparo.Rassegnarsi al fatalismo, dunque? No: qualcosa possiamo fare.
Evitare di alimentare il clima d’odio che infiamma le menti deboli, per cominciare. Negli ultimi mesi i toni e le espressioni — sui social, nei commenti alle notizie — sono spesso violentissimi. Persone mansuete si lasciano andare a commenti irresponsabili, senza pensare alle conseguenze. Evitare di condividere e diffondere immagini, video e dettagli degli attentati. Per non creare il panico, obiettivo dichiarato dei nostri nemici; per non fornire tentazioni agli psicopatici (le due categorie talvolta coincidono, ma non sempre). Evitare di stravolgere inutilmente le nostre vite: a cominciare dai progetti di vacanza e dai programmi di viaggio. La normalità europea è il nostro capolavoro, è la loro ossessione, è l’invidia del mondo. Rinunciarci è peggio di una viltà: è un errore.