la ridistribuzione delle risorse, da qualunquista
Succedono cose che fanno montare una rabbia repressa che finisce con lo sfociare, almeno per me, in un pericoloso qualunquismo ammantato di comunismo. Negli ultimi giorni sono state ammazzate altre due donne, dai propri mariti o conviventi con metodi sempre più inesorabili e crudeli, il fuoco e il ferro che manco una punizione divina si sognerebbe di adottare. Nel frattempo, chiudono i centri antiviolenza che sparuti gruppi di volontari – sottolineo, volontari che prestano la propria opera in favore di chi chiede aiuto – tengono in piedi in alcuni capoluoghi i cui Comuni e Regioni hanno stretto i cordoni della borsa. Tra le spese da tagliare, cosa c’è di meno remunerativo in ritorno elettorale che l’assistenza alle disgraziate che non sanno scegliere l’uomo con cui stare?
Allora a me vengono in mente questi pensieri: io, contribuente tassata alla fonte della mia modesta pensione da dipendente statale, vorrei poter scegliere, come si fa per l’8 o il 5 per mille Irpef da destinare a “opere di bene” perfino civili, dove incanalare le aliquote fiscali – il 40 o 45% della retribuzione lorda – che la macchina statale trattiene per il mantenimento di servizi e assistenza ai cittadini, sacrosanti. Ecco, se vedessi (e mi pare proprio di vedere) che i miei sacrifici economici servono a mantenere non tanto servizi e assistenza sociale e welfare, quanto privilegi e vantaggi solo per alcuni, ecco io mi incazzerei di brutto e vorrei poter dire di no. Non ci sto, no, a mantenere vita natural durante boiardi di Stato che lasciano il lavoro in anticipo e con buonuscite e vitalizi spropositati, scandalosi e inammissibili in una società che dovrebbe distribuire equamente introiti e spese e adottare la “tassa patrimoniale” per gli enormemente ricchi. Se ne avessi facoltà, da contribuente chiederei di tagliare non i servizi ai cittadini compresa la cura di cultura e ambiente, ma eccessi di vitalizi, retribuzioni, liquidazioni, buonuscite, pensioni d’oro, consulenze, doppi incarichi ai boiardi di Stato che obbligherei perfino – e qui scatta il comunqualunquismo che è in me – a destinare le somme eccedenti il tetto massimo di retribuzione consentita, al mantenimento dei “servizi sociali-culturali-ambientali” che l’imposizione di tasse e imposte dovrebbe assicurare.
Pensa che soddisfazione se il tizio liquidato dalla Regione Sicilia con una buonuscita da trentamila euro netti mese, fosse obbligato a sostenere da domani il Centro antiviolenza per le donne maltrattate gestito da Le Onde e pure il Centro Amazzoni che si prende cura delle donne ammalate di cancro, entrambi in estrema difficoltà e senza sede per taglio dei contributi pubblici. Vedi tu, non è che manchino le risorse agli enti pubblici, ma è che prendono strade perverse.