storie di violenza e disperazione a Milano

27 novembre 2016 di: Carlotta Bertini

Negli anni 80 la linea autobus 54 attraversava via Padova. Un tratto lungo. Dai finestrini scorrevano negozi e negozietti di artigiani di ogni genere. Calzolai, ombrellai, alimentari, piccole sartorie, l’orafo di quartiere, il corniciaio.

Un pezzo di Milano. Niente glamour, niente negozi griffati ma tutto ciò che serviva per condurre una vita normale era lì. Oggi salire sulla linea 54 comporta un momento di riflessione sulla reale necessità di scegliere questo mezzo.

La paura di brutti incontri, le discussioni accesissime e violente tra i conduttori e i ragazzi che non vogliono pagare il biglietto della corsa e non lo pagano, il sentirsi estranei tra una folla che di milanesità non ha più nulla sono un terribile deterrente. Così è anche il camminare di sera in questa strada. Molti negozi che fino a pochi anni fa esistevano, sono chiusi. I cartelli delle agenzie immobiliari sono tantissimi, i vecchi proprietari abbandonano la zona. Vendesi…Vendesi…Vendesi. Dopo poco tempo però l’acquisto ha avuto seguito. La mafia compera per i nuovi arrivati. In queste case di ringhiera, in dialetto milanese ca’ de ringhera, abitavano immigrati meridionali in cerca di lavoro e di fortuna, adesso gli inquilini o i proprietari sono tutti maschi che arrivano da altre guerre e altre povertà. Sono gli immigrati del mondo, ancora più poveri dei poveri di una volta.

C’è chi si droga, chi spaccia, chi si vende. Quale contributo possano dare i militari invocati dal Sindaco Sala non si può immaginare. Una pulizia che potrebbe durare pochi giorni nel marasma dell’abbandono, delle varie mafie che su questi nuovi abitanti speculano e si arricchiscono. Associazioni e Parrocchie si muovono. Ma non basta. Milano come Torino, come Parigi, come tantissime città d’Europa sta cambiando volto. Il nuovo skyline della città non è solo il Bosco Verticale di Stefano Boeri, il Diamante, la Torre Isozaki, la Torre Unicredit, il Palazzo Lombardia, le Residenze di Libeskind e di Zaha Hadid.

Le vecchie ca’ de ringhera non avevano firme di architetti illustri, ma davano speranza ai nuovi residenti. Rimane la speranza.

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