the Trump show
Molti anni fa, durante una campagna per le elezioni presidenziali U.S.A., divenne celebre un manifesto che recava, accanto alla foto di Richard Nixon, la frase: “Comprereste un’auto usata da quest’uomo?” Allora la maggior parte degli americani decise di non fidarsi ed elesse John Kennedy.
In quest’ultima campagna elettorale, densa di insulti e colpi bassi, è stata posta, in riferimento a Trump, una domanda più esplicita: “Affidereste la valigetta nucleare a quest’uomo?”
Stavolta sembra che milioni di elettori statunitensi non si siano posti il problema: pressati da precarietà quotidiane ed incertezze per il futuro, invischiati in sogni di grandezza e paura delle diversità, hanno creduto alle promesse spudoratamente gonfiate dal nulla di un arrogante miliardario inverosimilmente percepito come “uno di noi”. Vi ricorda qualcuno?
Ma il paragone, in termini di potere reale, non regge, non quando si tratta di un Presidente degli Stati Uniti che ha anche, dalla sua, la maggioranza del Congresso. Né si può pensare che a sostenerlo sia stata solo “la pancia” dell’America, l’immensa provincia, farcita, nel nostro immaginario, di bianchi obesi collezionisti d’armi, religiosamente razzisti, unita in santa alleanza ai gentlemen conservatori dell’”upper class” di Park Avenue. Invece, travolgendo le previsioni, hanno votato per lui persone di varia provenienza, tra cui (questo soprattutto mi rattrista) moltissime donne, che evidentemente non si sentono offese dall’impudente e volgare sessismo del personaggio. Ora ci chiediamo cos’è quest’America, chi sono questi americani.
Eppure, quest’apoteosi del nazionalismo populista è stata, forse, una sorpresa annunciata, un’altra efficace manipolazione, su più vasta scala, della sofferenza delle persone schiacciate dagli effetti del neoliberismo globalizzato, della rabbia dei perdenti globali, attraverso falsità urlate.
Un’altra vittoria di quel lato oscuro della democrazia già individuato, sin dall’antichità, dai suoi stessi inventori, elevato a tale potenza da sovrapporsi totalmente alla verità.
Forse la vita è davvero un “reality” e in molti non lo sappiamo, come in “The Truman Show”.
E dov’è la porta? Battute a parte, al trionfo del trumpismo concorrono tre convinzioni popolari: 1) la sensazione di impoverimento, dal ceto medio in giù; 2) la sensazione della corruzione della classe dirigente; 3) la sensazione di essere in un cul de sac storico in cui non può cambiare niente nel sistema e non ci sono alternative. E il peggio è che sono sensazioni fondate.
La gente voterebbe chiunque, ma davvero chiunque, desse l’impressione di essere anche solo un po’ contro l’establishment, anche solo un po’ alternativo allo status quo. Questo i partiti tradizionali continuano a non capirlo, e finché da una parte competente pronta a diventare classe dirigente non verrà proposta una visione diversa del futuro, i Trump, Farage, Le Pen, sono destinati a vincere.
Ma possibile che debba sempre vincere “il divo”? E adesso pare che tiri dentro lo staff uno della Morgan!
Altro che contro l’establishment! il trasformismo vince perchè il popolo è pecora.
Chissà cosa pensa di questo risultato, l’altra percentuale degli americani che non si è recata alle urne ! Un bell’articolo.
Ottima riflessione sulle recenti elezioni in america. Gli americani che hanno votato Trump sono poco preoccupati degli assetti politici mondiali. Anzi poco interessati. Ho la sensazione che l’elezione di Trump sia un problema più che per la comunità globale per gli stessi americani se ieri alle manifestazioni di protesta contro l’elezione di Trump, incomprensibili, perchè in ogni caso democraticamente eletto, si contrapponeva la manifestazione del Ku Klux Klan che festeggiava i risultati delle elezioni. Ognuno ha il suo Trump e sta a noi vigilare
L articolo è ricco di interessanti spunti di riflessione, uno di questi il pensiero sulle donne. Mi chiedo cos altro possiamo fare come donne per attivare le coscienze