sulla convenienza
“Convenienza” è la parola innominabile del “Discorso sulla servitù volontaria” di Étienne de la Boétie, scritto tra i sedici e i ventitré anni, a metà del cinquecento. Una dittatura blocca all’istante, al minuto, all’ora. L’unica certezza di essere, di esserci, di esistere rientra in spazi angusti di un tempo, invece, infinito di esistenza, non calcolabile dal soggetto stesso ma dal dittatore, sì. È una violenza inaudita perché impedisce la progettazione della propria vita che si concentra a cercare di salvarsi in quell’istante, in quel minuto, in quell’ora.
È la peggiore delle violenze esercitate sull’essere umano.
È dover restringere o eliminare la propria libertà di immaginazione e, perché no, anche di illusione.
Chi non possiede energia sufficiente per difendere il proprio “spazio vitale”, si consegna, per immediata “convenienza”, al dittatore.
Dona a lui la propria esistenza, il proprio “disegno”, il proprio progetto, coltivando la speranza di averne risparmiata quantomeno la vita sua e dei propri cari.
Gli fa dono della propria volontà.
Terrificante, amputante.
E adesso?
Il libro di Étienne de la Boétie, di appena quaranta pagine, illumina la mente di chi lo legge. È un testo che dovrebbe essere proposto ai giovani, a partire dai quattordici anni, dal momento in cui aspirano ad affermare la loro Libertà, rivendicandola.
La Libertà non si rivendica, si conquista con la volontà e anche con il corpo, come ci hanno insegnato molti giovani, nei secoli trascorsi. De la Boétie fa dipendere la “servitù volontaria” dalla codardia, dalla vigliaccheria ma, non ne rimane pienamente soddisfatto.
Riflettendoci su, la prima parola che è mi saltata in mente è, appunto, la convenienza. Chi si sottomette alla condizione di una “servitù volontaria” si fa i suoi bei conti. Chi non l’accetta, considera che la propria Libertà ha un valore superiore a qualsiasi conveniente offerta.
I giovani lo comprenderanno? Lo faranno proprio?
Errore!!! Ops… Correggo…
“Discorso della servitù volontaria”.