sul corteo degli anti G7
I controlli delle forze dell’ordine iniziano prima di salire sul bus che porterà a Giardini per il corteo anti G7. Funzionari della Digos chiedono ai manifestanti il documento d’identità e controllano loro le borse, chissà possano mai contenere qualche ordigno oppure oggetti pericolosi di altro tipo.
Dopo un ritardo notevole sulla tabella di marcia, il bus può finalmente dirigersi alla volta di Giardini. L’età media dei passeggeri è scoraggiante: militanti fin dagli anni Sessanta e Settanta, adolescenti degli anni Ottanta ed ex studenti della Pantera, pochi universitari, qualche rappresentante di partito, nessun giovanissimo. Ma il bus che parte da Caltanissetta è pieno, il vino non manca e la musica neppure. Tra slogan, vecchie canzoni e risate si percepisce la volontà di prendere parte al corteo comunque vada, pochi o molti, politicizzati o meno. In ballo ci sono le questioni epocali che investono il mondo e non si può rimanere a casa. Così è fatto uno dei tanti microcosmi siciliani che contestano il G7.
All’arrivo a Catania, il bus viene fermato dalla Guardia di Finanza in piazza Alcalà, dove si trovano gli stessi funzionari della Digos che hanno effettuato i controlli a Caltanissetta. Tutto è in regola, si può ripartire verso Giardini con altri passeggeri che si sono aggiunti. Al terminal bus di via Dionisio arrivano almeno una decina di autobus con gente comune, rappresentanti di associazioni e movimenti che si aggiungono a chi è venuto con altri mezzi. Se tutti insieme non siamo i mille stimati dalla Polizia, siamo pochi di più, ad ogni modo pochi se si pensa che Taormina ospita i sette grandi della terra, quelli a cui è concessa l’ultima parola sulle sorti del pianeta. Troppo pochi se si pensa anche alle eccezionali misure messe in campo per la sicurezza. Ma si sa, il G8 di Genova ha lasciato una pesante eredità nell’immaginario collettivo che circonda questi eventi, così nessuna attività commerciale è aperta e alcune vetrine sono blindate da assi di legno. Niente vetrine spaccate, niente black bloc, solo il lancio di lacrimogeni e una timida carica a conclusione del corteo, quando un gruppetto tenta di sfondare il cordone degli antisommossa per andare dall’altra parte. Ma dove? I sette grandi sono a Taormina per un summit altrettanto timido, come la carica e il corteo. Un summit che ha fatto flop sul clima e sui migranti e che ha ecceduto solo per le gomitate di Trump al premier montenegrino e per il costosissimo soprabito di Melania. L’impressione è che anche i sette grandi agiscano più per adempiere ad un rito che per individuare soluzioni ai grandi problemi. Un po’ come il gruppetto che ha tentato di sfondare il cordone.