la bilancia truccata dei rapporti uomo/donna

21 luglio 2017 di: Giovanna Sciacca

Nei giorni scorsi dalla Spagna è rimbalzata in Italia la notizia dell’omicidio, avvenuto a Valencia, di un giovane italiano, Marcello Venci, un trentaduenne barista ferrarese.

Presunto omicida è Eder Guidarelli suo coetaneo di origini brasiliane, adottato da una famiglia ferrarese e un tempo amico di Marcello il quale, di recente, lo aveva più volte denunciato per minacce e percosse.

All’origine dei comportamenti aggressivi di Eder ci sarebbe il risentimento per le “attenzioni” dell’amico nei confronti della sua fidanzata.

Ancora una volta i “sentimenti feriti” costituiscono la molla che scatena la follia persecutoria, lo stalking che tante vittime quotidianamente miete tra le donne, sfociando spesso, in una spirale patologica di violenza, nel gesto estremo: privare un altro essere umano della vita.

Dagli scarni dettagli riportati fin qui dalla stampa, in verità sembrerebbero ravvisabili più i profili del tragico epilogo di una sequela di atti persecutori e violenti, che non alcune delle caratteristiche essenziali, purtroppo tristemente note alle donne, dello stalking quali il caratteristico pedinamento assiduo, gli appostamenti furtivi, le molestie reiterate ossessivamente, la presenza costantemente incombente e oppressiva determinata dalla delirante pretesa di possesso della donna; pretesa che, frustrata, degenera a volte nelle aperte minacce e nelle aggressioni fisiche spietate fino a culminare nell’assassinio.

Ma a ben pensarci, invece, la musica in fondo sembra sempre la stessa: se è pur vero che in questo caso la violenza dell’aggressore è esplosa non contro un soggetto svantaggiato fisicamente e psicologicamente come la donna, ma da uomo a uomo, la cifra che sottintende tutta la vicenda dell’accanimento persecutorio nei confronti del rivale, tuttavia, ne riconduce i termini alla medesima aberrazione dell’uomo che si ritiene possessore di un bene contro un altro uomo che glielo contende. Un’onta, sia essa reale o solamente paventata, da vendicare ostinatamente, da lavare anche con il sangue.

Si tratta ancora una volta, dunque, dell’atavica distorsione tipicamente maschile che confonde l’amore con il possesso, le ferite d’amore con l’amor proprio ferito.

Ma c’è di più. “Una morte annunciata” è stata la vibrante accusa del padre della vittima, nei confronti dell’inadeguatezza delle autorità e di tutti quei soggetti istituzionali che, più volte allertati dalle ripetute segnalazioni e richieste di aiuto, avrebbero dovuto, ma non hanno saputo, prendere adeguati provvedimenti per scongiurare la tragedia.

Al netto del doveroso rispetto e solidarietà per lo straziante dolore di un padre non si può, tuttavia, pur al di là di ogni tentazione di tranciare giudizi sommari, compito che lasciamo in capo alle competenti sedi, non rimanere perplessi su come la eco della generale indignazione che si unisce alle sue denunce, lasci veicolare quasi il senso di una circostanza dolorosamente inedita.

Lo sfogo dei familiari pesa come un macigno e accende i riflettori su responsabilità ed inefficienze delle forze dell’ordine nell’epilogo di questa vicenda, ma al contempo rischia di relegare in un cono d’ombra l’impressionante lista di casi di stalking perpetrati sulla pelle delle donne e culminanti spesso nel planetario fenomeno dei femminicidi.

Come si può non ricordare, invece, quanti femminicidi sono stati preceduti da ben più numerose segnalazioni? Invocazioni d’aiuto tragicamente sottovalutate quando non del tutto ignorate.

Imperdonabile non ricordare, aggiungere errori ad orrori, smettere di dare voce a chi una voce non l’ha più.

Legittimo dubitare: anche davanti alla morte la bilancia dei valori uomo/donna rimane ancora truccata?

 

 

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