la pausa estiva
Automaticamente evocate, al termine estate vengono associate principalmente immagini, stratificate fin dall’infanzia, di sole, riposo, spensieratezza, in una parola: vacanze, nel senso letterale di vuoto, assenza di pensieri gravosi, di doveri e impegni stressanti, contratti nel corso di un intero anno.
Da tutto ciò l’estate pretende una pausa o, per lo meno, un temporaneo distacco con la sottintesa consapevolezza di riannodare i fili all’arrivo dei primi acquazzoni settembrini.
Meccanismi di difesa dell’organismo che si attivano in sintonia con l’alternanza delle stagioni, orchestrati magistralmente dalla provvida natura? Imprescindibile perfezione dell’universo che si auto-equilibra nella mirabile interazione tra tutte le sue componenti.
Certo è che in questa stupefacente architettura che è il nostro mondo, composta da una molteplicità di micro e macro sistemi interagenti tra loro all’infinito, anche le difformità e contrapposizioni sono perfettamente funzionali tra loro, ancorché apparentemente inspiegabili come il giorno e la notte, gli emisferi australe e boreale, il caldo e il freddo. D’estate, si sa, inversamente proporzionali all’innalzarsi delle temperature, i ritmi di vita calano, provvidenzialmente rallentano per consentire al nostro organismo di dedicarsi a ritemprare le energie fisiche e mentali; d’altro canto se siamo un po’ tutti in ferie, cosa vuoi che succeda? Un imperativo biologico, dunque, un invito ad abbassare la guardia alla soglia dei minimi della “attenzione” che, però, sempre per il consueto meccanismo delle contrapposizioni (la natura non ammette vuoti) non sfugge al ai nostri politicanti “più accorti”, un drappello di “ardimentosi” che, quasi in sordina, sfida “eroicamente” la calura estiva per confezionarci qualche sorpresina.
Così, mentre ci si disperde per i luoghi dell’estate raggiunti solo dagli echi ovattati delle grandi questioni della vita pubblica, dietro i nostri ombrelloni, a passi insonori sulla sabbia, i nostri rappresentanti giocano puntualmente a scrivere nuove sgradevoli pagine che sfoglieremo solo al rientro dalle vacanze.
Difficile in questo periodo percepire chiaramente smaliziate manovre politiche, a volte veri e propri colpi di mano, come quello, per citare solo un esempio, tentato l’estate scorsa all’Ars per abolire la doppia preferenza di genere, neutralizzato grazie alla tenace vigilanza delle associazioni femminili di Palermo, tra cui Mezzocielo, che hanno sostenuto la parte sana della classe politica siciliana.
Difficile ancor più considerato il livello in cui, in questo periodo, precipita la maggior parte della stampa, accontentandosi per lo più di vivacchiare annegandoci in un mare di pettegolezzi: sterili beghe tra politici e gossip a tutto spiano in un turbinio di tette e fondoschiena mitici, vacanze e intimità dei Vip, paparazzate spesso non proprio a sorpresa ma a “gentile richiesta” per rinverdire notorietà a rischio oblio, in ossequio alla vecchia massima “la pubblicità è l’anima del commercio”.
Ma quello che, storicamente, non può mancare al copione estivo è il classico per eccellenza, il caso, possibilmente di cronaca nera, vera e propria manna dal cielo per qualunque testata giornalistica.
Poco male se si tratta di fatti che in altre stagioni rientrerebbero nell’ordinarietà. Un sapiente ritocco degli ingredienti chiave, passionalità, mistero e qualche pennellata di scabrosità ha storicamente appassionato e acceso la misteriosa alchimia della attenzione collettiva fin dai tempi del caso dello smemorato di Collegno.
L’estate, complice la stampa, sembra quasi fagocitare tutto nel suo ventre, trasformandolo nel bolo narcotizzante di una immensa fiera della vanità, inevitabilmente destinata a sopire, seppur temporaneamente, la coscienza dai problemi reali. Sarà un caso o è una regia occulta, storicamente consolidata ad orchestrare sapientemente la metamorfosi di fatterelli in mitiche sirene in grado di distogliere da fatti e misfatti, che spesso si consumano alle nostre spalle?