Christmas black and white
Il countdown delle finestrine del calendario dell’Avvento procede spedito, il Natale è alle porte. Anche se nel tempo il significato spirituale di questa festività sembra essersi affievolito, la magia del Natale sopravvive tenacemente e si ripropone, complice il ruffiano supporto del conformismo consumistico che, in questo periodo dell’anno più persuasivo e pervasivo che mai, inscena puntualmente sul planetario set la rutilante rappresentazione natalizia, riuscendo persino a risvegliare anche tanta voglia di bontà, di famiglia, di amici.
Un po’ tutti, coprotagonisti più o meno consapevoli, ci sottoponiamo di buon grado a rispolverare i buoni sentimenti e tanta voglia di donarci e di donare e allora… via alla corsa agli acquisti. I negozi si affollano in un trionfo di decorazioni natalizie e di luci sfarzose che si riflettono sui volti e negli occhi di grandi e piccini. Animati dalla frenesia dei preparativi, sembrano tutti perfino più belli e tanto simili ai personaggi del mondo dorato della pubblicità.
Così ai piedi dell’albero si ammonticchiano tutti quei simpatici pacchetti e poco importa se è il solito duro colpo al portafogli, il piacere di dare un segno tangibile dei nostri sentimenti (oltre alla ineluttabile ritualità) ci compenserà abbondantemente. Se questo poi ci lasciasse qualche dubbio, potremmo consolarci con l’orgoglio di avere contribuito a dare una boccata d’ossigeno all’esangue economia nazionale.
Anche l’irrigidimento del clima favorisce la consuetudine di trascorrere tante serate in famiglia o con gli amici (a colpi di cene sontuose, con buona pace delle diete).
Potenza della pubblicità, ma anche gentile concessione dello spirito pratico dell’uomo contemporaneo che in questi giorni si concede una salutare vacanza (tregua temporanea) dal cinismo e dall’indifferenza quotidiana e lascia più spazio all’altro lato della natura umana, quello del bisogno innato di spiritualità e trascendenza insieme all’antitetico/complementare bisogno di rafforzare i vincoli affettivi e sociali: tutto “materiale”, neanche a dirlo, sapientemente cavalcato dai maghi del marketing.
Ma come ogni medaglia che si rispetti anche questa ha il suo rovescio. Paradossalmente proprio il crescendo della magia del clima da bianco Natale, retorica o no, può avere un effetto quasi devastante per una consistente fetta dell’umanità, che al Natale è destinata ad assistere quasi da spettatrice, come il bambino povero davanti alla vetrina dei balocchi.
Un mondo parallelo e inverso che i più preferiscono ignorare, dove questo clima di festa e convivialità agisce come lievito della sofferenza quotidiana declinata in tutte le sue varianti: le malattie che fanno sentire diversi ed emarginati; la povertà, statisticamente sempre in crescita, che mortifica ogni più che legittimo impulso di condivisione di quel clima frenetico e generoso, del piacere di donare agli altri e a sé stessi, non già il superfluo ma almeno il necessario; ma soprattutto l’artiglio feroce della solitudine nelle sue varie rappresentazioni.
Solitudine degli anziani trascurati che si vanno spegnendo tra l’indifferenza di familiari ingrati ed insofferenti; solitudine della moltitudine di immigrati – quelli scampati al calvario della traversata del Mediterraneo – che si sono lasciati la propria terra alle spalle e hanno estirpato le proprie radici inseguendo il miraggio di una vita migliore ma si sono ritrovati, invece, stipati in condizioni disumane, in sovraffollati centri di accoglienza o sfruttati e bistrattati come rifiuti umani; solitudine dei clochards che passano le notti raggomitolati tra i cartoni a pochi passi dalle vie illuminate a festa; solitudine di chi, per dolorose vicissitudini familiari, stenta a ritrovare se stesso e a ricostruire un nuovo equilibrio accettabile.
Realtà racchiuse tra orizzonti scuri e freddi, che non c’è stufetta o calorifero che possano riscaldare. Freddo che viene da dentro e in giorni come questi esplode impietosa e si proietta come una bolla di ghiaccio, un diaframma invisibile che rovescia la magia delle feste e allontana dagli altri, ne sottolinea l’alterità. Sensazioni di distacco siderale che rendono opprimenti queste giornate e pungente il desiderio di vederle passare presto.
Bell’articolo che offre molti spunti di riflessione da condividere in pieno. Credo che il problema non sia il Natale in sé né le feste in genere se riusciamo a dare a questi eventi un significato autentico. Lo ammetto, io lo festeggio in modo tradizionale realizzando un presepe con statuine che ci tramandiamo da generazioni, riproponendo ricette delle nostre belle tradizioni regionali e popolari, scegliendo alcuni regali per le persone a me più care, ma tutto questo con un sentimento intimo, cercando quel senso della misura che ci dovrebbe guidare sempre: per non offendere o umiliare qualcuno con una vera o presunta opulenza, per non pretendere necessariamente un contraccambio secondo la logica del do ut des, per godere con discrezione di un po’ più di tempo da condividere con parenti e amici.
Da una parte c’è la spietata logica del marketing, dall’altra la perfida speculazione sui dolori e miserie altrui per raggranellare qualche spicciolo di falsa carità…la solidarietà non deve essere certo la tassa natalizia una tantum per assolvere la propria coscienza! Ma non attribuiamo al Natale tutto ciò che di fatto lo contraddice ed allora ne varrà ancora la pena festeggiarlo e scambiarci gli auguri.
Sembra che il Natale abbia il compito di risvegliare il bambino che è in noi, che voglia scuotere le nostre coscienze, che ci induca a riflettere sul tempo trascorso e quello che ci aspetta. Luci, suoni, colori, immagini, tradizioni, pranzi, cenoni, messaggi di auguri, regali…..inviti a cancellare per qualche giorno le difficoltà della vita che ci accompagnano tutti i giorni. In fin dei conti non ci dispiace adeguarci a tutto questo anche se, razionalmente, pensiamo che gli eccessi offendono qualcuno e che riciclare quello che non ci serve sia poco carino. Purtroppo anche questo ė Natale