Lo Stato siamo noi (?)

8 marzo 2018 di: Stefania Di Filippo

I giovani hanno bisogno di una guida, si sa, e a maggior ragione, ha bisogno di una guida una nazione, poiché un Paese senza governo è indifeso, perde autorità, sia agli occhi dei cittadini che delle nazioni con cui si rapporta, sia da alleato che da nemico. L’attuale situazione politica, non poteva mostrare che un’Italia più divisa che mai, tra Nord e Sud c’è stata una netta differenza di preferenze, che ha portato la sinistra a sparire, quasi, dallo scenario politico e la Lega e il Movimento 5 stelle a ricevere sì, consensi, ma non abbastanza per governare. In tutto questo marasma ci sono da mettere in conto i voti di coloro i quali, soprattutto, giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni, domiciliati in una regione diversa da quella di residenza, non hanno avuto la possibilità di tornare in terra natìa per dire la propria, proabilmente nulla sarebbe cambiato, ma è profondamente ingiusto che non sia permesso ad un cittadino italiano, pur domiciliato su suolo italico, di essere partecipe della vita comune. Quest’ultima dovrebbe essere, infatti, il centro e lo scopo della politica, della polis, alla luce del fatto che la polis siamo noi, a tutti gli effetti. Ad oggi, però, sembra difficile trovare una nazione più frammentata ed instabile della nostra, sia da un punto di vista ideologico e concettuale che da quello più pragmatico. Per quanto riguarda il primo, attualmente, sembrano non esistere più le grandi ideologie di un tempo, quelle che permettevano la “disobbedienza civile” ragionata e voluta non semplicemente perché si voleva emulare qualcun altro o qualcos’altro ma perché ci si credeva veramente. In questo momento storico, invece, sembra proprio che viga la legge del più forte, che non esista più il confronto civile e critico delle idee altrui che porti alla crescita di se stessi e dell’altro. Thomas Hobbes, scrivendo il Leviatano, pensava ad un essere tale che tutte le sue parti fossero formate da cittadini, perché lo Stato siamo noi e uno stato che non permette e non dà ai propri cittadini la possibilità di vivere dignitosamente ha fallito e se ha fallito lo stato ha fallito ognuno di noi. Nella maggior parte dei casi sembra che l’errore arrivi e sia sempre in alto, ma probabilmente è dal basso che bisogna ripartire, dall’educazione, dalla famiglia, bisognerebbe crescere giovani che abbiano sviluppato un pensiero critico e che si sentano parte di qualcosa e forse, in un mondo dove ognuno sa, effettivamente, com’è importante ed essenziale essere parte della polis, essere polis, ci saremmo svegliati con una guida e non ci saremmo dovuti dimenare negli abissi dell’indecisione. Forse è a questo che sono servite queste elezioni, ad insegnarci che non ha perso o vinto un determinato partito, ma abbiamo vinto o perso tutti. E come scrisse Dante: «Ahi serva Italia, di dolore ostello,/nave sanza nocchiere in gran tempesta,/non donna di province, ma bordello!».

1 commento su questo articolo:

  1. Salvatore scrive:

    Guardando le diverse cartine dell’italia con i collegi elettorali colorati in base ai risultati delle elezioni e confrontati con altri indicatori, comprendiamo che le elezioni ci hanno insegnato una lezione fondamentale: il reddito correla con l’istruzione, l’istruzione correla con le scelte politiche. Non voglio con ciò dire che i poveri sono ignoranti e votano senza cognizione di causa, ma che in Italia i percorsi formativi non sono uguali per tutti, ma dipendono dalle disponibilità economiche. E’ questa la vera frammentazione dell’Italia. Non mi spaventerebbe vedere tanti partiti vincere ciascuno in ogni collegio, perchè questa è la democrazia, questa è la repubblica parlamentare. Si nominano i propri rappresentanti, non si elegge un governo. Troppo spesso si è sacrificato il principio di rappresentanza e la discussione parlamentare in nome della governabilità, vessillo e mito dell’ideologia neoliberista. Sì, ideologia. Perchè dietro il feticcio dell’era postideologica, i liberisti hanno egemonizzato il pensiero politico, economico e culturale in quasi tutti i paesi del mondo. Le riforme che da anni vengono presentate come necessarie, spesso quasi imposte attraverso ignobili ricatti, non sono che il frutto di una scelta: quella di aumentare le diseguaglianze fra chi ha troppo e chi troppo poco. Il fatto che ad oggi, durante la crisi, i più ricchi si sono arricchiti e i più poveri e le classi medie si sono impoveriti, ne è la dimostrazione. Anche la legge del più forte è frutto dell’imposizione del pensiero liberista e l’individualismo e l’egoismo sono due dei pilastri fondanti. Ripeto, io non ho paura della frammentazione. E’ dalla frammentazione che possono nascere i processi dialettici che porteranno l’umanità su livelli sempre più alti di progresso. Al contrario, temo il pensiero unico, l’abdicazione alla complessità, l’informazione e la conoscenza per slogan e luoghi comuni. E’ in questo che abbiamo perso tutti, nell’esserci appiattiti sul piano di chi ha voluto renderci incapaci di interpretare il mondo e quindi di poterlo anche cambiare.

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