Bari e dispari dal “Corriere della Sera” del 14.04.18
Con la consueta solerzia, l’Ufficio Decoro del comune di Roma ha rimosso un quadro satirico dalla parete di una via del centro, avendo cura di non rovinare le macchie d’umido e gli sbreghi circostanti. L’opera censurata, che qualche malizioso attribuisce alla scuola fiorentina rignanese, è la riproduzione de «I bari» di Caravaggio, con Salvini e Di Maio nei panni dei truffatori e Berlusconi in quelli del truffato. Riesce difficile immaginare il drittone di Arcore come un giocatore ingenuo: la consideriamo una licenza artistica. Ma la vera sorpresa è l’identità dei due bari. Fino a pochi mesi fa, su quel muro ci sarebbero finiti i ritratti di Renzi e Alfano, e la loro solerte rimozione avrebbe fatto gridare alla censura proprio Salvini e Di Maio. I quali si ritrovano in una situazione paradossale. Non sono ancora al potere, eppure vengono percepiti come se già lo detenessero. Senza ancora gli onori, ma con tutti gli oneri, sberleffi compresi.
È il rituale ipnotico della democrazia, che ammansisce la carica rivoluzionaria, avvolgendola nelle spire delle regole e delle procedure. Qualche intervista da Vespa, qualche consultazione al Quirinale e la felpa diventa giacca, il linguaggio brutale si stempera nelle subordinate, mentre i corazzieri che scattano sull’attenti al passaggio dei rivoluzionari riducono inesorabilmente questi ultimi al ruolo di continuatori di quella casta per abbattere la quale erano stati eletti.