Nostalgia canaglia
Estate, per chi è nato in un paese di mare questa è la stagione nella quale il blu sembra ancora più blu, la città sembra rinascere a nuova vita, i sapori e gli odori ai quali ci si è abituati sin da bambini vengono vissuti anche da chi ha dovuto percorrere kilometri per poterne usufruire. E’ la stagione durante la quale si ringrazia l’universo per la fortuna che si ha di avere e che diamo per scontata il resto dell’anno. Per chi rimane, è questa, principalmente, l’estate, ma sono anche gli amici che ritornano per le vacanze, quelli che studiano o vivono fuori, quelli che “quest’anno pochi giorni di ferie, tornerò presto a lavoro”, sono mamme che aspettano il ritorno dei figli come se fosse un nuovo Natale, fratelli che si rivedono dopo mesi, amici che possono guardarsi negli occhi ed aprirsi come difficilmente si può fare stando ad un telefono. Per chi ritorna nella terra natìa le domande sono quasi sempre le stesse, tutti vorrebbero sapere come ci si trova a vivere al Nord, cosa si fa, come ci si muove, come se attraversando lo stretto di Messina si venisse catapultati in un’altra realtà ed, effettivamente, per chi affronta questa “traversata” è un po’ così. Quando ti trasferisci lontano dalla Sicilia o da qualsiasi regione, sia essa o meno del Sud, la prima cosa che ti vien chiesta è il perché e, soprattutto, come mai, si è avuto il coraggio di lasciare una terra bella, il sole, il mar e il buon cibo, ma cosa puoi dire tu? Che potresti essere sovrappeso ed abbronzata ma che non esistono collegamenti, che le strade son dissestate, che la Sicilia non è amministrata bene, che la tua terra è come una donna bistrattata da chiunque, costretta a vendere il proprio corpo? Vivere al di fuori della propria terra dà un modo più oggettivo e meno personale di comprenderla, inizi a vederne i pregi e i difetti e vorresti, almeno, fare qualcosa, così, quando torni giù, provi, cerchi, a far vedere quante potrebbero essere le possibilità, scontrandoti, però, con la mentalità secondo la quale le cose sono sempre state così, come se l’immobilità dovesse regnare sovrana. Ti senti diviso a metà, tra chi eri, chi sei, tra il te stesso che ha vissuto con quel modo di pensare e di vivere fino a diciotto anni almeno e quello che sei riuscito a divenire in una regione diversa dalla tua, la quale è riuscita a donarti quello che la tua non è riuscita a fare. Ti senti sconfitto, arrabbiato, ti chiedi il perché invece di utilizzare il potenziale che c’è, si è costretti ad “emigrare”, ad andare via, non tanto per rincorrere i propri sogni ma se stessi, per evitare di perdersi e di crogiolarsi nello stato d’animo che permea tutti, quello per il quale, se il mondo è stato fino ad ora così debba continuare ad esserlo. La nostalgia la senti, arriva, così, d’improvviso, quando parli della tua terra, delle tue tradizioni, dei tuoi affetti, per chi vive lontano dai propri cari è come avere dentro di sé due persone che combattono perennemente tra quello che sentono e quello che vorrebbero avere. Perché per quanto si possa dire peste e corna del proprio posto di origine è proprio lì il luogo dal quale siamo partiti e quello nel quale non abbiamo bisogno di ritornare poiché è dentro di noi.
I SALOTTI DI PALERMO
i salotti di palermo
questo scempio dell’anima
dove l’eroina scorre a fiumi
Maria Lo Bianco