Insegnanti non si nasce
Ho scelto di diventare un’insegnante per diversi motivi. Mi sono chiesta, nel corso dei miei studi, quali fossero le mie attitudini e mi sono resa conto, valutando le considerazioni e i commenti di chi ha avuto modo di conoscermi, di possedere il dono della pazienza, della determinazione e quello della comunicazione empatica. Nascere in una famiglia in cui è presente una madre insegnante sicuramente ha avuto il suo “peso” nella mia formazione professionale. A casa non si faceva altro che parlare di scuola, di alunni, di colleghi, di uscite didattiche, di compiti in classe, di registri e voti, di genitori invadenti, di viaggi di istruzione, di presidi più o meno presenti…Da una parte mi sembrava riduttivo, dall’altra mi apriva un mondo che immaginavo si potesse vivere e affrontare in modo diverso da quello imposto dalla routine quotidiana. Insegnare è una grande responsabilità. Sono consapevole che tutte le parole e i gesti vengono trasmessi a giovani cittadini che, per un tempo breve ma significativo, ci vengono affidati e che, inconsapevolmente, stanno costruendo la propria identità. Gli alunni ci osservano, ci scrutano, ci guardano, in certi casi ci contestano, in altri ci adorano, in altri ancora ci imitano. Essere d’esempio mi ha portato, nel corso del tempo, a cercare di migliorarmi. All’inizio della mia carriera, precaria, molto giovane, insegnavo in un liceo. Come tanti altri colleghi fumavo. Se gli alunni, che all’epoca mi davano del tu, considerandomi una sorella maggiore con cui relazionarsi, fuori dalla scuola, mi chiedevano una sigaretta, gliela offrivo, incoscientemente, come qualcuno aveva fatto con me, senza esitazione. Mi sono resa conto solo allora che il fumo faceva male sia a loro che a me e che era il caso di smettere di inquinare l’aria che tutti respiriamo. Ho smesso di fumare. Meno male! Quella in cui, successivamente ho scelto di lavorare come vincitrice di concorso a cattedre, è la scuola secondaria di primo grado, una scuola inclusiva che offre la possibilità di accrescere le competenze relazionali e di cittadinanza di tutti i ragazzi che la frequentano. Come docenti siamo chiamati a contribuire alla costruzione di una cittadinanza attiva consapevole, accogliente e sana. Sono un’insegnante per scelta e per formazione di materie scientifiche cha vanno dalla matematica, alle scienze naturali, all’informatica. Mi occupo anche di educazione alla salute, di accoglienza, orientamento, organizzazione uscite e attività e di solidarietà. Insegnanti non si nasce
È vero, insegnanti non si nasce.. Si diventa! Le competenze, lo stare al passo con i nuovi standard che il mondo complesso è variegato della scuola ci impongono sicuramente richiedono studio, impegno, voglia di competere per il bene dei nostri ragazzi. È assolutamente necessario e giusto “formarsi” ma, io ritengo, l’ “intelligenza empatica”, quella che a me piace definire anche “intelligenza del cuore” sia un elemento imprescindibile per poter portare avanti, giorno dopo giorno, una missione che è sempre più irta di difficoltà di ogni genere.. Quel tipo di empatia o c’è l’hai o non “la fai nascere e poi diventare”.. A me piace parlare anche di “sumpatheia”, quel sentire insieme, quella “compassione” che unisce e fa fare un salto di qualità nei rapporti tra docenti e alunni, rendendoli sempiterni.. A questo dovrebbe tendere, a mio modesto avviso, l’insegnante.. Daniel Penna parla di “passeur” come di veicolatore di cultura, arricchita però dall’empatia.. Ed è lì che la nostra missione si colora di arcobaleno e si sublima… Bisogna, è necessario procedere su questo sentiero per contribuire a rendere i nostri ragazzi il sale del futuro!
Quando un percorso viene intrapreso per scelta e non per ripiego, quando si lavora con entusiasmo e non solo per la giusta retribuzione, quando ci si mette in gioco con coerenza e serietà, di solito le cose funzionano meglio. Nella scuola poi, dove la realtà è in continua evoluzione per il rinnovarsi degli utenti e dei tempi, non è pensabile la staticità. Ben vengano insegnanti che sanno di dover migliorare di pari passo con i propri studenti, strada facendo…
È vero, insegnanti non si nasce.. Si diventa! Le competenze, lo stare al passo con i nuovi standard che il mondo complesso è variegato della scuola ci impongono sicuramente richiedono studio, impegno, voglia di competere per il bene dei nostri ragazzi. È assolutamente necessario e giusto “formarsi” ma, io ritengo, l’ “intelligenza empatica”, quella che a me piace definire anche “intelligenza del cuore” sia un elemento imprescindibile per poter portare avanti, giorno dopo giorno, una missione che è sempre più irta di difficoltà di ogni genere.. Quel tipo di empatia o c’è l’hai o non “la fai nascere e poi diventare”.. A me piace parlare anche di “sumpatheia”, quel sentire insieme, quella “compassione” che unisce e fa fare un salto di qualità nei rapporti tra docenti e alunni, rendendoli sempiterni.. A questo dovrebbe tendere, a mio modesto avviso, l’insegnante.. Daniel Pennac parla di “passeur” come di veicolatore di cultura, arricchita però dall’empatia.. Ed è lì che la nostra missione si colora di arcobaleno e si sublima… Bisogna, è necessario procedere su questo sentiero per contribuire a rendere i nostri ragazzi il sale del futuro!
Anche per me il nostro lavoro deve essere svolto con la testa e con il cuore. Sono convinta che gli alunni si accorgano della differenza tra chi si prende cura di loro e chi li considera solo l’oggetto dell’interesse lavorativo da un punto di vista formale e burocratico. Difficile da spiegare ma occuparsi dei ragazzi che crescono è davvero un’esplosione di emozioni continua e sempre nuova…