Dove mai avrò (avremo) sbagliato?
Sfogliando tra i libri che occupano la mia libreria mi è capitato di rimettere le mani e di rileggere “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci. Una lettera a “rabbia” (più che a cuore) aperto, verrebbe da dire. Scritta nel 2001, subito dopo l’attacco alle Torri Gemelle: il primo attacco terroristico che colpì l’Occidente e, purtroppo, il primo di una serie che ci ha portati a rendere vocaboli come: terroristico, terroristi etc parte del nostro linguaggio, una “cosa normale”. E’ strano rileggere le parole della giornalista toscana a distanza di 17 anni, un ventennio è passato e cosa è cambiato? In un momento storico e politico delicato come quello che sta attraversando, in questo momento, l’Italia, un periodo durante il quale lo straniero, il “diverso” (qualsiasi cosa voglia dire) è visto come il nemico con quali occhi, quale significato possono avere le parole della Fallaci? In queste pagine si può “toccare” con mano la rabbia, la furia di una donna ferita, di una donna impaurita, forse, di una donna che si ritrova, dopo anni di guerre combattute ad armi, alquanto, pari, si ritrova a dover combattere un nuovo tipo di guerriglia, quella con la paura, quella che si nutre della paura e lei, allora, fa quello che ha sempre fatto: si ribella, si incazza e non solo con i terroristi, ma soprattutto con gli italiani, con quelli che hanno esultato perché è stata colpita l’America, con quelli che non hanno capito che saremmo potuti divenire tutti un bersaglio. E’ una lettura che scorre veloce, che ti fa chiedere dove l’autrice ti sta portando, “dove vuole andare a parare”, cosa vuole dirti, effettivamente e quando richiudi il libro rimani così, a metà, come se avessi appena visto qualcuno smettere di sbraitare dopo un’incazzatura, che se la prende con te, anche se non hai fatto nulla e allora rimani senza parole, ti rimetti sui tuoi passi, giri i tacchi e ti chiedi: “Dove mai avrò (avremo) sbagliato?”.