L’amica geniale

8 ottobre 2018 di: Maria Adele Cipolla

E’ stato di recente presentato al festival di Venezia (e in anteprima in alcune sale italiane) il primo film de “L’amica geniale” per la regia di Saverio Costanzo. Si tratta di un estratto cinematografico di una serie prodotta dalla rete Tv statunitense HBO, in collaborazione con RAI Cinema e Fandango. In pratica, un colosso della TV americana ha deciso di produrre una storia, non solo ambientata in un rione popolare di Napoli, ma recitata in alcune parti in dialetto, addirittura decidendo di lasciate il napoletano stretto anche nell’edizione inglese (con l’aiuto di sottotitoli) per non rovinare il soul della narrazione. Alla base di questa produzione c’è un caso letterario che ha assunto dimensioni globali, elevando un rione a luogo di analisi delle dinamiche umane. L’opera in questione è la quadrilogia chiamata “L’amica geniale” che comprende quattro volumi: L’amica geniale (2007), Storia del nuovo cognome (2012), storia di chi fugge e di chi resta (2013), Storia della bambina perduta (2014). L’io narrante è Elena (Lenù) che dal primo libro inizia a raccontare la sua infanzia in un rione di Napoli, la sua amicizia con la coetanea Raffaella (Lila), i personaggi e le dinamiche che animano il rione. Nel corso dei quattro romanzi si evolvono le storie delle due amiche, degli altri personaggi e del rione, delineando un arco di circa sessant’anni. Sebbene per opinione generale le protagoniste siano Lenù e Lila, per me il vero protagonista è il rione, un luogo capace di respingere e attrarre in un gioco di seduzione che non ha mai fine. Fuggire dal rione significa sottrarsi alla miseria, alla vita rozza e grama, alla violenza familiare e ambientale, Lena ha tutte le occasioni per farlo ma c’è sempre qualcosa che la risucchia indietro; Lila invece vuole sfruttare la sua genialità per farlo crescere, il suo rione, ma non ci riesce mai. I personaggi sono intrappolati nelle contraddizioni del proprio contesto, anche perché neanche l’esterno è senza macchia. Così il rione diventa una metafora del vivere, e questo ci spiega il successo internazionale della quadrilogia, addirittura essa è amata più all’estero che in Italia, nel vecchio cliché che non vede gloria in patria. Infine, nulla sappiamo dell’autrice o dell’autore che si cela dietro il nome di Elena Ferrante. Una sorta di Banksy della letteratura che ha messo a nudo le contraddizioni del mondo dell’editoria. Lì dove regnano narcisismo e autopromozione, la penna dell’”Amica geniale” è tanto geniale da essere riuscita ad ottenere successo negandosi al pubblico, c’è chi malignamente sostiene che questo è l’unico motivo del suo successo, evidentemente senza averne letto una sua riga. La quadrilogia è amata oppure odiata, ma chi la ama la legge tutta d’un fiato, e si tratta di quattro volumi corposi. Invidio chi ancora non l’ha fatto.

Io non sono riuscita a vedere il film di Saverio Costanzo in anteprima (la serie sarà trasmessa a breve su RAI 1) ma dai trailers sembra che i protagonisti (rione compreso) siano proprio quelli della narrazione scritta, cosa che accade raramente. Buona lettura e buona visione a tutti

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