Questione sicurezza o questione democrazia?

2 novembre 2018 di: Rossella Caleca

Il Decreto Legge 113/2018, cosiddetto “Immigrazione e sicurezza”, universalmente noto come
“decreto Salvini”, a poche settimane dall’entrata in vigore ha già dispiegato effetti devastanti per  molti giovani migranti, centinaia solo nella città e provincia di Palermo, con l’interruzione di  percorsi di integrazione ben avviati. Come denunciano tanti operatori di comunità, servizi, associazioni, tutori volontari, e, non ultimo, il Garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Palermo, le nuove disposizioni aprono profonde falle nel sistema di accoglienza, spezzando progetti di vita e creando nuovi clandestini passibili di espulsione.
Infatti, con l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari (che veniva rilasciato, tra l’altro, per maternità, stato di salute precario, minore età) molti ospiti di centri per minori stranieri
non accompagnati, divenuti maggiorenni, non potranno più ottenere tale titolo, e ad altri giovani
non verrà più rinnovato. Inoltre, non potranno avere pù accesso alle strutture dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) i richiedenti asilo, cioè i migranti che hanno presentato una domanda di protezione internazionale il cui iter è ancora in corso e sono in attesa di risposta. Queste misure, con lo stesso accostamento delle parole “immigrazione” e “sicurezza”, come se dalle restrizioni sulla prima dipendesse la seconda, oltre che manifestare spregio per i diritti umani  pongono più problemi di quelli che pretendono di risolvere. Appare evidente che una maggiore  sicurezza per tutti non può essere ottenuta producendo clandestinità, quindi emarginazione sociale,  condizione che aumenta il rischio di scivolare nella criminalità, ma si consegue piuttosto con una  gestione regolata ed efficiente dell’immigrazione. Sembra invece che una materia tanto complessa,  cruciale, tragica, sia manipolata con cinismo per conquistare consensi, come se il fine fosse soltanto ottenere il massimo numero di espulsioni possibile.
Ma c’è di più. Il decreto segna un’altra t appa del regresso giuridico e culturale in cui sta scivolando
io nostro Paese, non soltanto rendendo più difficile l’esercizio di quel diritto d’asilo garantito
dall’articolo 10 della Costituzione, ma rendendo legittime, per la prima volta nella storia della
Repubblica, discriminazioni tra i cittadini. Dispone infatti che, in seguito a una condanna in primo grado (non, quindi, definitiva) per alcuni tipi di reati, non soltanto uno straniero può perdere lo “status” di rifugiato, ma un italiano di origine straniera può perdere la cittadinanza italiana.
Questo significa, concretamente, non che ci saranno, ma che ci sono già oggi, nel nostro Paese, cittadini di serie A e cittadini di serie B. Significa che la legge non è più uguale per tutti. Significa che sono già stati lesi, in Italia, elementi fondamentali dello stato di diritto e della democrazia. E
molti ancora non se ne sono accorti.

1 commento su questo articolo:

  1. Ornella Papitto scrive:

    Perché i governi di destra non capiscono che la sicurezza dei cittadini italiani e stranieri passa attraverso buone politiche di protezione sociale e non con antidemocratiche politiche di polizia?
    Perché non lo vogliono comprendere?

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