Freeda : tra femminismo e marketing
Avete mai sentito parlare di Freeda? Se siete soliti gironzolare sui social, è quasi impossibile che non siate approdati almeno una volta ad uno degli sgargianti post di questo progetto editoriale nato nel 2016 con l’obiettivo, a detta dei due papà di Freeda, di “diventare la voce più forte e indipendente delle donne tra i 18 e i 34 anni” . Freeda conta 900.000 follower (solo su instagram), non ha un vero sito di riferimento e il suo titolo viene dall’insieme di Freedom (libertà in inglese) e di Frida Kahlo, pittrice messicana rivoluzionaria. Questo progetto porta con sé le voci di grandi donne ( da Jane Austen a Beyonce, da Viginia Woolf a Lady Gaga) che vengono mischiate a una serie di consigli e suggerimenti sui “Must have” delle ragazze nelle loro trousse da viaggio o su come comportarsi col proprio corpo, tentando di sradicare gli odiati clichè del fisico perfetto grazie a slogan come “le mie cosce si toccano perché sono irresistibili” oppure “to do list: amare se stesse” o , ancora, un’immagine di Beyonce che dice “l’unico motivo che ho per voltarmi indietro è guardarmi il culo”. Tutto questo viene coronato da una sempre più grande dose di femvertising (neologismo opinabile per indicare pubblicità di prodotti per le donne) e inseriti accuratamente dentro gli articoli stessi. Non a caso il progetto si serve del sistema Data Driven che utilizza i dati degli utenti per le nuove tecniche di mercato. Siamo di fronte ad un curioso caso di femminismo pop o ad un “semplice” fenomeno di marketing e lucro sempre più occulti e accurati? Al progetto lavorano attualmente 60 persone (75% delle quali sono donne) ma la società che ha lanciato Freeda è la Ag Digital Media S.r.l. e i due che l’hanno fondata sono Andrea Scotti Calderini, ex di Publitalia dove dirigeva la divisione Branded entertainment, e Gianluigi Casole che fa parte di Holding Italiana Quattordicesima, cioè, secondo Italia Oggi, “la cassaforte del figlio maschio minore di Berlusconi e delle sorelle Barbara ed Eleonora”. Gianluigi Casole dichiara che si tratta di “un nuovo modello di business basato sui contenuti”. E a quanto pare funziona, almeno per l’economia della loro azienda, ma c’è da chiedersi che effetto abbia realmente tutto questo sulla generazione Y, alla quale si rivolge. Freeda cresce in Italia attraverso il nuovo mezzo degli “instant Articles”,messaggi brevi per immagini o video creati per essere fruiti quasi esclusivamente da dispositivi mobili su social media come Instagram, Facebook, Youtube…anche se,a sentire l’editor Daria Bernardoni, presto il progetto si allargherà anche a piattaforme più all’avanguardia come Amazon, Spotify e oltrepasserà il confine italiano verso paesi come Francia, Grecia e Spagna dove già ha ottenuto finanziamenti per ben 10 milioni di dollari. Ancora una volta parliamo di incassi…e ammesso che ci stia bene, siamo proprio sicure che sia questo il modo in cui vogliamo sentire parlare di noi stesse?
No,non è questo il modo…però è incalzante, frenetico, vivace, invasivo e, di conseguenza coinvolgente per molte e travolgente per altre…non facciamo di tutta l’erba un fascio, non siamo obbligate ad adeguarci, non è questa la libertà
Conosco Frida Kahlo, l’affascinante storia, la sofferta vita e le opere più importanti dell’artista messicana. Non rientrando nel target 18-34 anni, ma essendo una over, non conosco e non mi interessa conoscere Freeda. Credo che la mia freedom mi consenta di poterne fare a meno
proprio perché sei una over dovresti guardare e sapere quello che le più giovani, dunque il futuro e pensa e studia, il passato è passato! Brava Margherita!
L’essere donna non significa avere una identità unica.Siamo diverse, siamo una smisurata realtà in questo mondo dove non tutte le donne hanno la fortuna di pensare e studiare. La supponenza, l’arroganza sono atteggiamenti poco accoglienti e spesso perpretati da donne verso le altre donne…la cultura che porta a pensare che ciò che è diverso da noi non ci piace è più diffusa di quello che pensiamo…
Ah il trend….sempre la stessa bestia !