Uguaglianza di genere nella musica
Zohra, la bella tra le belle, indusse due angeli in tentazione e fu punita, non prima di avere appreso da loro la parola magica che l’avrebbe portata in cielo ogni notte, destinata a essere la protettrice dei musicisti e a risplendere come prima stella della sera. Lo racconta Gertrude Bell (“la Lawrence d’Arabia al femminile”) nei Poems from Divan of Haziz ed è una bella storia e il nome perfetto per la prima orchestra afgana tutta al femminile, 30 ragazze tra e 13 e venti anni, in tournee in queste settimane a Londra. “Zohra è simbolo di libertà per le donne afgane e nello stesso tempo un messaggio di uguaglianza di genere”.
Uguaglianza di genere nella musica? Certo se n’è fatta di strada da quando nel 1920 il direttore d’orchestra Thomas Beecham dichiarava che non ci sarebbero mai state donne compositrici o quando con un permesso speciale Emilia Gubitosi entrava in conservatorio per conseguire il diploma di composizione: era il 1906 e nel dibattito del movimento emancipazionista italiano la musica entrava nel 1908. E’ di 100 anni dopo, e dieci anni fa, il 10 marzo 2009, una Risoluzione del parlamento europeo sull’accesso e il trattamento paritario per uomini e donne nelle arti performative.
Stati Uniti, Maryland, marzo di quest’anno: la Boulanger Initiative (il nome è un omaggio a Lili Boulanger, nel 1913 la prima donna compositrice a vincere il prestigioso Prix de Rome) ha celebrato il Women’s day con un festival tutto al femminile. Abbiamo ancora bisogno di un festival di sole donne? si chiede Anne Midgette, critica musicale del Washington Post. Rispondono le statistiche: nella stagione 2014-2015 solo l’1.8 per cento della musica eseguita da 22 importanti orchestre americane è stata composta da donne. Per la stagione 2019-2020, secondo l’ Institute for Composer Diversity di New York che ha esaminato I dati di 40 orchestre, il numero sale a 6.5 per cento.
E le donne ai vertici delle istituzioni? Sull’autorevole Classic Voice, “Musica Maestra”, un’inchiesta di ormai cinque anni fa a firma di Mauro Balestrazzi, indagava sulla presenza femminile nelle istituzioni operistiche e sinfoniche, partendo dello “scandalo” di Macerata Opera Festival, che aveva affidato a tre direttrici di orchestra tre titoli del cartellone, una sorta di minifestival al femminile con la partecipazione di blogger, scrittrici, ricercatrici. Poche le direzione artistiche, più numerose le amministrative. Su 14 fondazioni liriche italiane, solo una donna, Rosanna Purchia era ed è sovrintendente al San Carlo di Napoli mentre Maria Di Freda è l’ormai storica direttrice generale della Scala. Nel 2012, solo 3 donne su 159 uomini erano alla direzione delle orchestre italiane. Ma al Festival di Pentecoste di Salisburgo (dove regna come Presidente del Festival Helga Stadler) il direttore musicale è la italiana Cecilia Bartoli. Su un altro versante, nel 2017, sempre Classic Voice ha stilato una classifica chiedendo a 130 addetti ai lavori di scegliere le migliori composizioni dal 2000 al 2017. Tra i primi dieci autori di Millennial score entrano le donne: sono l’inglese Rebecca Saunders al terzo posto, al settimo la finlandese Kaija Saariaho.
E poi c’è Grid, acronimo di Gender Research in Darmstadt, (ora diventata una associazione e un movimento femminista all’interno dell’universo musicale), una ricerca a firma della compositrice Ashley Fure, che si è immersa per un anno negli archivi di Darmstadt, centro storico internazionale per la musica contemporanea. ”Scavando nei labirinti del materiale digitalizzato, mi chiedevo non che cosa c’era ma cosa non c’era. Quale storia raccontavano? E quali assenze soprattutto? Ho guardato con la lente del gender per scoprire dove siamo arrivati e come andare avanti.” Ashley Fure, vincitrice del concorso di Darmstadt nel 2014, cercava i numeri. Ed eccoli: dal 1946 al 2014 le composizioni eseguite sono state 7 per cento al femminile e 93 al maschile; i 10 compositori più eseguiti vedono in testa John Cage con 88 esecuzioni seguito da Stockhausen e via via sino alle 21 di Ligeti. Solo con 18 esecuzioni la coreana Younghi Pagh-Paan, con 9 ritroviamo Rebecca Saunders e con 10 Kaija Saariaho. Quanto ai vincitori di premi per la composizione, su cento 18 sono donne e 82 uomini: le donne entrano in classifica solo dal 1972 e sono figure riconosciute del panorama musicale contemporaneo. Al festival partecipano, dal 1963 al 2014, 51 compositrici contro 269 compositori nel primo anno ma nel 2014 sono 198 contro 448.
Non crede nelle associazioni di sole donne la contrabbassista francese Charlotte Testu che spesso sceglie di lavorare su progetti con compositrici. Racconta di una situazione francese in lenta evoluzione: “ma sono per le quote rosa nei conservatori. Perché all’interno delle classi di composizione solo una su 12 è donna? Per un problema di mancanza di figure nelle quali identificarsi, perché ci sono poche donne alla direzione delle scuole?”. “Prima che nascano scuole guidate da donne passeranno generazioni”, le fa eco Lucia Ronchetti che lamenta la sfiducia delle istituzioni italiane verso i compositori tutti, concludendo però che all’estero c’è più spazio per le donne, soprattutto a Berlino. Tuttavia proprio nella capitale tedesca e in quello che sembrerebbe essere un mondo musicale più aperto, il Jazz (aumentano i giovani, ci sono più donne sia nel pubblico che in palcoscenico), quando nella primavera dello scorso anno la quarantunenne Nadin Deventer è diventata direttrice artistica dello storico Jazzfest Berlin si sono levate le critiche. Michael Rüsenberg, un critico musicale freelance scrive in un suo post su facebook (poi cancellato) di “pubblica condanna a morte” del Festival, di “mancanza di esperienza”. La prima donna a capo del più importante festival tedesco replica su Spiegel online: “ E’ una sfida sociale, non solo nel jazz. E non è un segreto che le donne con posizioni di leadership hanno più coraggio”.
Una voce maschile, quella di Ivan Fedele, direttore di Biennale Musica. Farebbe un festival tutto al femminile? “Preferisco coniugare il maschile e il femminile. Mi sembrerebbe di ghettizzare le donne, che certamente hanno una maggiore flessibilità culturale rispetto agli uomini. Nella musica, dal dopoguerra e soprattutto negli ultimi 40 anni, la qualità e il numero delle presenze femminili sono andate di pari passo con quelle maschili; l’universo femminile si è integrato all’interno del mondo della composizione”. Per Fedele non esistono barriere tra uomini e donne, cita tra le giovani compositrici italiane Francesca Verunelli che ha vinto il Prix de Rome in Francia e Clara Iannotta che ha vinto la DAAD in Germania, e poi Chaya Czernowin, Raphaele Biston, Rebecca Saunders, Unsuk Chin, Olga Neuwirth, Kaija Saariaho. E Sofia Gubajdulina, Leone d’oro nel 2013.
Se sei anni fa Gubajdulina è stata l’unica donna nello storico album al maschile dei Leoni, oggi è la coreana Unsuk Chin (undicesima nella classifica Millennial score di Classic Voice insieme a George Benjamin, prossimo Leone d’oro) a ricevere il premio Marie-Josée Kravis per un “compositore di straordinarie doti artistiche”, un munifico assegno di $200,000 e una commissione per un lavoro per la New York Philharmonic. I vincitori che l’hanno preceduta sono i compositori Per Nørgård, Henri Dutilleux e Louis Andriessen.