Quello che gli insegnanti non dicono
Ogni anno i poveri insegnanti ripartono con buoni propositi, programmazioni, progetti e nuove proposte, convinti che sarà tutto diverso e invece nella scuola resta: “La canzone delle speranze disattese…” Parodiando Enrico Ruggeri e Fiorella Mannoia sarebbe il caso di cantare quello che gli insegnanti non dicono…È difficile spiegare certe giornate amare, passate dagli insegnanti a correggere strafalcioni, errori dovuti a distrazione o a uno studio superficiale e poco approfondito… e il giorno dopo pazientemente in classe, nel tentativo di colmare quelle lacune di cui si sentono, in parte, responsabili. E quegli insegnanti … non saranno stanchi neanche quando, nel bel mezzo di una lezione gli stessi rampolli, ai quali hanno dedicato tempo e attenzione, chiederanno un fazzoletto di carta, o berranno dalla immancabile bottiglietta d’acqua tenuta sul banco che presenta raschiature e incisioni come testimonianza del passaggio dei “vandali” di turno, o avranno voglia di fare solo chiasso e confusione per nascondere la loro impreparazione. Manifesteranno dissenso per non poter usufruire del proprio smartphone, nell’attesa impaziente del suono della campanella… e, alla richiesta di fare una telefonata a casa per poter uscire prima della fine delle lezioni, i pazienti docenti diranno ancora un altro “si”. Alla fine del percorso, nel magro bagaglio conclusivo di un faticoso anno scolastico, resteranno alcuni temi d’italiano, parole scritte, spesso senza troppa convinzione e poi utilizzate per “salvare” dal rischio di non ammissione alla classe successiva quell’alunna più sensibile o quell’alunno più fantasioso…parole che resteranno a scuola sui fogli protocollo chiusi con le fascette, valutati e firmati e collocati in scatoloni che saranno archiviati in un vecchio sgabuzzino, non si sa per quanto tempo, contribuendo al sempre più massiccio carico da incendio Ancora tutti convinti che la scuola costituisca un ambiente significativo per imparare a stare con gli altri, instaurando relazioni significative con coetanei e adulti? Ancora tutti convinti che il voto in condotta possa essere un deterrente per sanare situazioni difficili da gestire? Cambia il vento ma gli insegnanti no e, se si trasformano un po’, è per la voglia di piacere a chi c’è già o potrà arrivare a far parte della schiera degli amatissimi alunni dolcemente complicati, sempre più emozionati, più delicati, più viziati e più stralunati, procedendo sempre con la stessa passione, con la voglia di capire chi, a volte, appare isolato, disagiato, chi manifesta aggressività, chi non riesce ad argomentare, a comunicare le proprie emozioni o applicare le conoscenze acquisite e… non saranno stanchi neanche quando, di fronte all’ennesima richiesta di attenzione, diranno ancora un altro “si”.
Come sempre penetrante nell’esplorare le interazioni tra docenti e discenti nell’umana commedia della scuola odierna.
Giovane, urlavo con i Pink Floyd “hey teacher, leave the kid alone; we don’t need thougth control.”.
Adulta, divenuta insegnante, ho capito la complessità delle relazioni docente/discente.
Magdalena non giudica, espone, senza schierarsi, perché tra il bianco non è mai così bianco e il nero così nero.
Bellissimo, commovente articolo. Me lo sento sulla pelle…
Non ho parole per esprimerti tutto il mio consenso sul tuo articolo, spudoratamente e lapalissianamente vero!!! I miei complimenti, Magdalena! I commenti in merito sarebbero inopportuni!!! Lo serberò per condividerlo con docenti e discenti coi quali sono a contatto… Grazie per la tua vivida e oggettiva visione del mondo dei giovani e degli adulti che interagiscono con effetti sempre assai variegati!
Caro valido insegnante:
“Farò di te
La mia estensione
Farò di te
Il tempo della ragione
Farò di più
Farò tutte le cose che vuoi fare anche tu
Sì, tu”
Parafrasando Anna Oxa…
Grazie Magdalena!
Letto tutto d’un fiato. Articolo estremamente verosimile che non perde contatto con la realtà neanche per un istante… è cosi e grazie per avercelo fatto notare. Cordialmente Vincenzo