Cogito ergo Dubito / Dubito ergo Cogito
Temporali, uragani, grandine, allagamenti in antitesi ai 37 gradi di Milano e ai 42 di Palermo. Cresce sempre più la preoccupazione per un futuro difficile, basata sulla paura del collasso ecologico. Le immagini che arrivano dal Polo Nord e raccontano ghiacci che si sciolgono più rapidamente del consueto e del previsto aumentando inevitabilmente il rischio dell’innalzamento dei mari. Gli incendi, dolosi oltre che spontanei, stanno devastando la foresta Amazzonica, polmone di ossigeno per l’intero pianeta. Possono essere considerati probabilmente il culmine di una tragedia voluta. Gli eventi di questi giorni poi stanno stracciando la speranza di un governo qualsiasi che si premuri di agire subito, in fretta, anzi l’atteggiamento assurdo del Presidente brasiliano Jair Bolsonaro, la stupidità della querelle con il Presidente Francese Emmanuel Macron, il ritardo, pesante come piombo liquido, negli interventi di spegnimento degli incendi, nel soccorso alle sperdute tribù sopravvissute al disboscamento lucroso e organizzato, sono orrende testimonianze di irresponsabilità. I leader dei paesi del G7 riuniti a Biarritz, in Francia, troveranno un accordo per riparare all’ottusità del capo dello Stato brasiliano e ai danni delle fiamme?
Questi eventi portano il pianeta a un punto critico di sopravvivenza. Che cosa possiamo fare ?
La speranza o, si potrebbe definire anche, leggerezza umana, potrebbe indurci a considerare il disastro annunciato come catastrofismo prematuro. Vorremmo fosse così, d’altro canto non assistiamo a prese di coscienza che si consolidano in cambiamenti concreti, i governi non decidono una inversione di rotta nelle scelte istituzionali che possa fermare il cambiamento climatico. Scienze empiriche quali climatologia, geofisica, oceanografia, biochimica confermano quest’ovvietà: l’osservazione sperimentata e dimostrata dunque è la prova della realtà. La natura così tanto erosa è il prodotto di un’allucinante corsa tecnologica al contrario di quanto dovrebbe essere e dovremmo fare, gli standard di benessere aumentano in modo esponenziale. Vogliamo successo e ricchezza, dunque. Siamo formiche che corrono irrazionalmente verso la propria autodistruzione. Che cosa lasceremo in eredità alle generazioni che verranno, un mondo devastato?
Dovremmo fare sacrifici ma sono mal sopportati perché letti ad personam e non come prospettiva storica, allora facciamo scelte, soprattutto noi donne che siamo forti e determinate! Se, ad esempio, scegliamo quotidianamente di non usare più contenitori di plastica trasformeremo il modo di vivere e non si tornerà più indietro. Potremmo essere l’inizio, un anello della catena di consumo responsabile, trasformazione anche culturale. Cominciamo noi! Ho constatato personalmente il disastro ambientale alle Maldive, visto con i miei occhi “L’isola di plastica”, un atollo intero ricoperto ovunque da bottiglie; in India ogni ramo di ogni albero sostiene sacchetti blu dello stesso materiale, il vento li trasporta con ineluttabile consuetudine finendo nei fiumi e nel mare. Un film dell’orrore, lì come in tutti i paesi del mondo ormai. La politica ? non ci fidiamo più e tantomeno non ci affidiamo a lei, incapace di una visione proiettata nel futuro, lavora in un presente senza domani. L’irresponsabilità è il tratto peculiare della politica, devastante “contrario” della responsabilità che anche la nostra Costituzione prevede e impone ai ministri nel giuramento del Consiglio dei Ministri, atto ufficiale davanti al Presidente della Repubblica: Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione.
Grazie Carlotta per il tuo accorato invito a cercare di impegnarsi singolarmente per adottare stili di vita e comportamenti che rispettino la natura. I dibattiti sui cambiamenti climatici e sul degrado ambientale non sembrano richiamare l’attenzione sul senso di responsabilità che ciascuno di noi dovrebbe sviluppare: è sempre colpa di qualcun altro…