Agnes Heller: un sussurro perso per sempre.
Giocava ad inseguire farfalle tra fili d’erba e alti arbusti sul limitare del Balaton. Poi incantata si sedeva sulla sponda ad ammirare l’acqua metallica di quel immenso lago increspato. Un luogo preciso tra il melograno e il mandorlo da dove, a tarda sera, i musi delle talpe facevano capolino. Il rifugio segreto della piccola Agnes Heller. Una bimba che non sospetta sarebbe diventata il punto di riferimento del pensiero critico del novecento. Di certo però, per Agnes Heller quelli sarebbero stati gli ultimi attimi di un’infanzia spensierata. Di lì a poco sarebbe iniziata la sua lunga persecuzione, prima razziale, poi politica.
Agnes Heller è stata la teorica della critica radicale ad ogni totalitarismo, prima quello del regime comunista, poi quello nazista, infine quello orbaniano. In una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera si definisce ungherese, filosofa, ebrea, donna. Questa, dice essere le sue identità, “ma scelgo di essere solo filosofa” prosegue “ e come filosofa, scelgo di essere europea, perché la filosofia esiste solo in Europa, l’Europa è filosofia.”. Un’Europa che però per Agnes Heller ha significato anche gli orrori del ghetto di Budapest, della deportazione ad Auschwitz, della morte, in quel campo di concentramento, del padre. Un’Europa che ha significato convivere con il terrore del regime comunista, con l’espulsione dall’università subito dopo la rivolta ungherese del ’56 e la diffamazione, la riammissione all’Accademie delle scienze di Budapest nel ’63 e il successivo il licenziamento nel ’73 a causa della sua protesta contro l’intervento sovietico in Cecoslovacchia.
Accusata di aver negato la realtà socialista del suo paese e di abbracciare ideali liberisti, nel 1977 Agnes è costretta a trasferirsi a Melbourne dove insegnerà sociologia presso la Trobe University. Nel 1986 prenderà la cattedra intitolata ad Hannah Arendt alla New York school for Social Reserch. Ritornata in Ungheria, sarà ancora una volta perseguitata per la sua palese opposizione al regime sovranista di Viktor Orban. Del 2019 è la sua ultima pubblicazione Orbanismo. Il caso dell’Ungheria: dalla democrazia liberale alla tirannia.
“Io ormai non ho più paura per me” dice in una delle ultime interviste rilasciate a Repubblica “ho paura per le nuove generazioni, perché i sovranisti, come Orban e Kaczynski in Polonia, o i loro alleati in Francia e in Italia, sono adesso alleati insieme per conquistare l’Europa ed estirparne i valori democratici e l’abitudine a decenni di pace”. Tra i numerosi saggi filosofici la Heller in Sociologia della vita quotidiana riflette su i concetti di felicità e vita sensata. “La felicità è nel momento” afferma e aggiunge “So cosa siano i momenti felici, non la felicità.”
Agnes Heller lascia un contributo importante anche al mondo della comunicazione con Etica della comunicazione di J. Habermas e K.O. Apel, accentuando l’autonomia dell’etica dalla sfera sia dell’ontologia sia dell’economia, non relegandola nella mera comunicazione bensì accostandola alla sfera dei sentimenti e alla realtà dell’uomo. Da quel rifugio tra il melograno e il mandorlo sulle sponde del Balaton il 19 luglio di quest’anno, gli amici vedranno la Heller immergersi per l’ultima volta. Agnes sceglie di morire nel luogo magico della sua infanzia.
“Nella follia genetica dell’uomo dove la bugia salvaguarda microcosmi autodistruttivi creando sogni irreali” la filosofia di Agnes Heller ci insegna che il tempo è un sussurro. Un sussurro che ha già smesso di vibrare nell’attimo in cui è stato pronunciato. Se non è stato udito, è perso per sempre.