Antonietta Pirandello nata Portolano
Il teatro “T” di via Bernardino Passeri a Roma, diretto dall’attore e regista Marco Maltauro, è uno spazio minuscolo, in una stradina poco illuminata. Un’entrata a vetri, che viene oscurata da una tenda nera per separarla dalla strada, introduce in una sala in cui la biglietteria e il service audio-luci sono anch’essi ridotti all’essenziale. Il palcoscenico e lo spazio riservato al pubblico sono della stessa dimensione senza soluzione di continuità. Il teatro fa parte di quella miriade di piccole sale romane dove si apprende a fare e si fa teatro e la pubblicità degli spettacoli viene fatta spesso solo con il passaparola. E’ qui che Antonietta Pirandello nata Portolano ci aspetta per parlarci di sé e del suo tormentato rapporto con il marito Luigi, seduta su una sedia e illuminata da uno spot che si accende e si spegne come quello che illumina dall’altra parte del palcoscenico l’uomo della sua vita, seduto ad una scrivania ricoperta di carte, in un contrappunto sempre più serrato e struggente di paure, rimproveri, accuse, accessi di gelosia e sconforti, che esprimono la sua impossibilità di comprendere l’amore dell’altro per la scrittura e la frequentazione di quelle storie e di quei personaggi, che invadono la sua casa e trasportano il marito lontano da lei, attirandolo con l’urgenza di essere fermati sulla carta a tutti i costi. Il bel testo di Marina Argenziano esplora con precisone e finezza psicologica i diversi aspetti del rapporto matrimoniale di Antonietta Portolano e Luigi Pirandello.
Maria Paola Conrado è un’intensa Antonietta. Recita quasi sempre seduta, chiusa in un pesante abito d’epoca di velluto scuro come se fosse in una corazza, che sembra separare dalla realtà circostante il suo personaggio e rendere ancora più evidente il suo tormento, di cui parla solo con se stessa. Paolo Orlandelli, che interpreta anch’egli con intensità la complessa personalità di Pirandello, invece si muove costantemente sulla scena, venendo verso gli spettatori per esporre anche lui il suo tormento ma condividendolo con il pubblico, a cui vuole spiegare i suoi sentimenti e le sue ragioni. I due personaggi, attraverso la scelta registica dello stesso Orlandelli, rimangono così separati sulla scena come lo furono Antonietta e Luigi nella vita e questo loro ennesimo mancato incontro ci emoziona e ci invita alla riflessione sulla eventuale impossibilità di comprendersi e rispettarsi anche all’interno di un forte rapporto amoroso.
sono certa che tanti appassionati di teatro andrebbero volentieri a vedere questo spettacolo, che speriamo possa
entrare nei circuiti nazionali, magari in altrettante piccole magiche salette.
Ho visto questo spettacolo e concordo su quanto detto nella recensione. Proprio un bello spettacolo e lo spazio ristretto ha favorito la creazione di un’atmosfera chiusa, in cui i due personaggi si dibattevano come mosche contro un vetro.
Quando ero bambina mia nonna mi raccontava che sua madre abitava nel quartiere Nomentano Italia nella stessa strada dove viveva Luigi Pirandello insieme al figlio Stefano e la sua famiglia. Spesso era possibile vedere lo scrittore attraversare a piedi la via Nomentana e andare nel quartiere Trieste a trovare la moglie che era ricoverata nella casa di cura psichiatrica Villa Giuseppina. Quando più tardi studiai Letteratura all’Università venni a conoscenza del fatto che In quella clinica Antonietta Pirandello visse quarant’anni perché entrò nel 1919 e vi rimase fino alla sua morte nel 1959.Una vita terribile la sua.