L’amore al tempo del corona-virus

23 marzo 2020 di: Maria Luisa Mondello

Stare a casa? Si ma con chi?

“….. Sarebbe stato bello avere una ragazza, una compagna, chiusi a casa, senza altro da fare….” (desiderare ad alta voce è esercizio maschile). Avere 20 anni è non desiderare altro.

Mi raggiungono audio e video in cui maschi dichiarano (l’intento è spiritoso) di dover assolutamente trovare il modo di uscire da casa. Impossibile sopportare la moglie! Manca l’espressione femminile simmetrica.

E quel che peggio, i video, accompagnati da faccette scompisciate dalle risa, sono donne a inviarli.

Mi sembra ovvia la constatazione che la casa, per definizione femminile, mal si adatta all’andare, al fuori, all’altrove che è per definizione maschile, Ulisse per sempre, e senza Itaca.

Necessaria l’affermazione di essere fatti per altro, pena il rammollimento, cioè la perdita di una conquistata anaffettività utile per fondare generativamente famiglie per poi tenersene assolutamente fuori : legami e calore affettivo pericolosissimi.

E ancora, sempre per video, un bel tipo che canta per tutto il tempo, accompagnato da un coro di fanciulle e da bella musica:” Mi sono rotto il c….”.

A chiarimento, ce ne fosse bisogno, di come i maschi siano di poche parole e gli unici forniti della strumentazione necessaria( un tipo speciale di anemometro?) per rilevare la coercizione che si impone a tutti. Il vento che tira.

Più in generale il prendersela, l’arrabbiatura come esercizio quotidiano , necessità imprescindibile. Non penso che il femminile non provi, non manifesti disappunto o peggio, ma non si rappresenta pubblicamente e convintamente mostrando di non poterne più.

La scena si ricompone se compaiono i bambini: accanto a loro si coagula tutto il familiare possibile. Nella rappresentazione casalinga padri e madri,   teneramente rivolti insieme a sostenere i piccoli, i loro disegni speranzosi, la loro gioia e serenità.

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