Quando nel marzo del 2011 esplosero in Siria, nell’ambito della cosiddetta (e purtroppo deludente) ”primavera araba”, le proteste contro il governo Assad , tutta la “intellighenzia” del mondo occidentale applaudì i ribelli, giudicandoli protagonisti di una rivolta che avrebbe portato in Siria un altro sistema politico (di tipo occidentale?)
Ancora una volta, anche se le esperienze del passato avrebbero dovuto consigliare prudenza, l’Occidente non valutò con attenzione né le vere ragioni della rivolta (chi l’aveva suscitata? chi la dirigeva?) né le prospettive che la ipotetica caduta di Assad avrebbe aperto. Tanto meno si tenne conto di alcuni elementi positivi della vita socio-politica della Siria, che andavano difesi: perché c’era sì un partito unico, ma era dichiaratamente laico, e tutte le minoranze etniche e religiose (tra cui importanti gruppi cristiani) venivano rispettate.
Ma i democratici occidentali si scatenarono. “Evviva i ribelli! “ “Sosteniamo i ribelli!”. A Parigi si costituì l’associazione “Amici della Siria”, che chiese un intervento armato della Francia in Siria (e probabilmente armi furono mandate, ma non si sa in quali mani finirono. In Libia molte armi occidentali inviate ai gruppi anti-Gheddafi, sono oggi utilizzate dagli jihadisti). La partita probabilmente è stata anche giocata in funzione anti-russa, perché Assad era difeso da Putin (e dalla Cina).
Con i mesi la rivolta (e la repressione statale) hanno condotto il paese in una guerra civile totale. Il movimento fondamentalista ha assunto la direzione dei rivoltosi; ha fatto giungere centinaia – o migliaia – di musulmani sunniti da varie parti del mondo (alcuni persino dall’Italia); ha esteso i combattimenti nelle nazioni vicine (Iraq e Kurdistan); ha affermato la volontà di fondare un Califfato islamico, e qualche giorno fa lo ha proclamato..
Non sappiamo, ovviamente, se una qualche forma di conservazione dello stato siriano (Assad dopo le prime contestazioni, aveva avanzato la proposta – respinta – di un governo di unità nazionale che comprendesse gli oppositori) avrebbe impedito l’avanzata degli eredi di Al Quaeda. Certo, non l’avrebbe favorita
Ed ora che la catastrofe è irrimediabilmente esplosa; ora che una fetta della Siria, strappata allo stato unitario, è stata inclusa nel Califfato proclamato dai fondamentalisti sunniti (che hanno occupato anche pezzi di Iran e Kurdistan); ora che migliaia di famiglie cristiane e di altre religioni sono cacciate da squadre di combattenti fanatici che distruggono templi e impongono la sharia; ora che non resta che organizzare missioni umanitarie e gettare dagli aerei acqua, cibi e medicine per i fuggiaschi, c’è qualcuno dei cosiddetti “responsabili” della politica estera occidentale – ministri, politologi, giornalisti – che compia un’aperta autocritica, riconosca gli abnormi (e non innocenti) errori di valutazione compiuti?
Gli interventi dell’Occidente nelle crisi mediorientali (fatti in nome della libertà e dei diritti individuali) si rivelano sempre catastrofici.